Le quotidiane invettive

10 frasi bergamasche on the road

10 frasi bergamasche on the road
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La nostra è una città a misura d’uomo, ma non di pedone, di ciclista o di automobilista. E nemmeno chi usa i mezzi pubblici è soddisfatto. Sarà la nostra innata tendenza a criticare tutto e tutti, ma la viabilità e la mobilità sono problemi che ogni giorno suscitano dibattiti o discussioni. In cui ognuno può trovarsi dalla parte della ragione o del torto, a seconda del giorno e del mezzo utilizzato. Ecco un piccolo campionario di quotidiane invettive.

 

IL CICLISTA

1) Gh’ó la bici bröta, issé i la róba mia

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Pia illusione di ogni ciclista che, quando si trova a dovere ormeggiare il proprio rottame a una rastrelliera, inevitabilmente si trova  accanto bici ancora più malandate della sua. [Trad: Ho la bici brutta, così non me la rubano]

 

IL CICLISTA (visto dall’automobilista)

2) De nòcc e sènsa ciàr. Dopo se te ghe ‘ndé adòss l’è cólpa tò

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Terrore di ogni automobilista, il ciclista che affronta il ciglio della strada in orario notturno, senza alcun segno visibile a distanza, anche ravvicinata. Alla situazione stanno ponendo parziale rimedio le psichedeliche luci da bicicletta cinesi. [Trad: Di notte e senza faro. Poi se li investi è colpa tua]

 

3) I tègn vià töta la strada per ciciarà

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Gli allegri e variopinti gruppi di ciclisti domenicali tendono a riversare il loro bisogno di relazione interpersonale nelle ore che trascorrono pedalando con gli amici. Intento lodevole, che purtroppo viene spesso frainteso dagli automobilisti. [Trad: Occupano tutta la strada per chiacchierare]

 

IL PEDONE

4) Se te treèrset i te scua sö

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Estratta dal “manule di sopravvivenza urbana”, questa frase salva la vita ai poveri pedoni, ma li costringe a percorsi lunghi e arzigogolati che evitino le fatidiche, o fatali, zebre. Invocando spesso la civiltà Svizzera. [Trad: Se attraversi ti travolgono]

 

L’UTENTE DI MEZZI PUBBLICI

5) I te fà sentà zó gnach a mör

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Anziani e donne incinte non costituiscono più, da tempo, una categoria privilegiata per il sedile del pullman. Troppo occupati ad ascoltare musica, conversare, leggere, prendere lezioni d’inglese, tutto al cellulare, nemmeno notiamo più chi viaggia con noi. [Trad: Non ti fanno sedere neanche se muori]

6) Gh’è mia pòst impé, figuret sentàt zó

A parziale consolazione delle categorie di cui parliamo sopra, nelle ore di punta non solo è spesso impossibile sedersi, ma è difficile anche viaggiare in piedi, senza essere decapitati da una riga di plastica, storditi da uno zaino, oppressi da gigantesche borse della spesa. [Trad: Non c'è posto in piedi, figurati seduto]

 

7) Ma pàghei dóma mé ‘l biglièt?

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Riflessione tra lo stupito e il perplesso dell’onesto cittadino che vede flussi di gente salire e scendere dall’autobus ignorando completamente l’obliteratrice. L’ipotesi che siano tutti abbonati è smentita dai bilanci di ATB e TEB. [Trad: Ma pago solo io il biglietto?]

 

8) Dò ure a ‘ndà a Milà. Fàe piö a la svèlta a pè

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Siamo nel periodo euforico dell’alta velocità su rotaie, e persino i bresciani accolgono con un festoso “Pòta” l’arrivo di Italo. La tratta Bergamo-Milano sembra però rimasta in un’altra epoca. Quella medievale. [Trad: Due ore per andare a Milano. Facevo più in fretta a piedi]

 

L’AUTOMOBILISTA

9) Ó giràt trè ure per troà de mèt zó la màchina

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Può sembrare una scusa, invece spesso è la realtà quotidiana per chi si trova a dover sbrigare commissioni in centro. È anche vero che la leggenda del bergamasco gran camminatore si va un po’ perdendo, e tutti tendono a fare il minor numero di passi possibili. [Trad: Ho girato tre ore per trovare dove parcheggiare l'auto]

 

10) Adèss i te fà pagà anche de dumìnica

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Nell’epoca in cui si paga per tutto, rimaneva l’isola felice della sosta domenicale. SI favoleggia che qualcuno raggiungesse il centro solo per provare l’ebbreza del parcheggio gratuito. Adesso, anche questa piccola e innocente gratificazione sembra destinata a sparire. [Trad: Adesso ti fanno pagare anche la domenica (il parcheggio)]

 

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