L'FBI ora sa sbloccare gli iPhone Apple ha perso la battaglia privacy

Lo scontro tra Apple e governo americano non sembra placarsi: l'FBI ha in questi giorni annunciato di aver trovato il modo di sbloccare autonomamente l'iPhone dell'attentatore di San Bernardino, e non sembra volersi fermare a questo caso.
La richiesta del Governo. Lo scorso mese, un giudice federale aveva chiesto ad Apple di aiutare l'FBi a sbloccare l'iPhone appartenuto a Syed Farook, uno dei responsabili della sparatoria avvenuta a San Bernardino lo scorso dicembre e che ha causato 14 morti. Il giudice ha invitato Apple a fornire «ragionevole assistenza tecnica» alle autorità statunitensi; nello specifico l'FBI chiedeva la rimozione di un blocco presente su tutti gli iPhone che li rende inutilizzabili dopo il decimo tentativo d'accesso fallito.
Apple inamovibile sulla privacy. L'azienda di Cupertino, sempre molto sensibile alla tematica della privacy, non ha mai dato segni di cooperazione e anzi è apparsa decisamente infastidita dalla richiesta opponendosi fermamente. Le ragioni di Tim Cook sono state esposte anche in apertura del recente evento Apple del 21 Aprile, durante il quale il CEO ha ricordato a tutti l'importanza del rapporto con i propri clienti e la volontà di difendere ad ogni costo la loro privacy.
Il rischio maggiore di una collaborazione di questo tipo era che la creazione di una sorta di chiave d'accesso universale per ogni iPhone sarebbe poi stata utilizzata in molti altri casi simili, creando un precedente molto pericoloso. L'esistenza stessa di un software simile sarebbe potuto diventare il sogno di ogni hacker nel mondo, pronto a violare gli iPhone di chiunque per sottrarne i dati e magari ricattare il proprietario. È anche importante ricordare che la tematica della privacy è diventata particolarmente delicata negli Stati Uniti in seguito allo scandalo dell'NSA denunciato da Edward Snowden nell'operazione Wikileaks. Il dibattito è stato molto acceso ed è durato settimane, tra ordinanze e conferenze stampa, ma la multinazionale ha confermato la propria posizione, non concedendo nessun aiuto alle autorità.
L'FBI ha avuto la meglio. Sono state sei lunghe settimane di battaglie legali, che sicuramente hanno messo le basi per chiunque tratterà questa tematica nei prossimi anni, e alla fine il governo sembra averla spuntata. Il Guardian l'ha definita una sorta di guerra fredda digitale tra la Silicon Valley e Washington, con l'ennesimo braccio di ferro tra privacy e sicurezza in epoca moderna.
Il Dipartimento di Giustizia lunedì ha dichiarato di non aver più bisogno di Apple per trovare le giuste contromisure e accedere all'iPhone di Farook, non spiegando però in che modo i tecnici del governo sarebbero riusciti a violarlo. «Il governo - si legge in un comunicato - ha con successo recuperato i dati salvati nell'iPhone di Farook e non ha quindi più bisogno dell'assistenza della Apple Inc». È stato inoltre chiesto l'annullamento dell'ordinanza emessa dal tribunale il 16 febbraio e che formalmente chiedeva ad Apple la creazione di un software per questo scopo.
Un metodo segreto. Le autorità non hanno voluto rivelare alcun dettaglio sulla tecnica usata né hanno spiegato se ci sia stata la collaborazione di un soggetto esterno, come auspicava John McAfee. Hanno evitato inoltre di comunicare le intenzioni del governo in merito alla divulgazione della tecnica utilizzata con Apple, al fine di migliorare i sistemi di sicurezza del sistema iOS a beneficio di tutti i cittadini. Il metodo è considerato "classificato" per questioni di sicurezza, per evitare che criminali ed esperti di cyber-security ne possano approfittare, ma anche per impedire ad Apple di correggere l'eventuale falla nel sistema e rendere di fatto questa scoperta inutile per l'FBI.
La casa costruttrice non può che essere decisamente infastidita dalla situazione, tanto che Tim Cook ha già allertato gli avvocati dell'azienda per spingere il governo a rivelare la natura della tecnica e per chiarire se essa sia legale e quindi utilizzabile nel processo contro l'attentatore. Il New York Times di recente ha infatti riportato una serie di casi molto più specifici in cui le autorità federali erano state bloccate nella loro azione dall'impossibilità di accedere addirittura a semplici messaggi di Facebook o Whatsapp senza un'ordine della corte. Non è quindi chiaro se le informazioni raccolte potranno essere utilizzate contro l'imputato, secondo alcuni esperti il supporto di Apple rimane l'unica via legale per l'accesso ma i rapporti sono attualmente troppo logorati.
E ora cosa accadrà? Il principale timore espresso dalla Silicon Valley era la possibilità di usare un'eventuale chiave universale non soltanto per il caso in oggetto, ma estendere questo precedente a ogni indagine o processo nel quale sarà necessario sbloccare un iPhone. L'FBI aveva negato l'ipotesi per convincere Apple a collaborare, assicurando che l'ordine del giudice sarebbe stato ristretto al singolo caso e che non c'erano i presupposti per l'applicazione in altre circostanze. Ora però la situazione è cambiata e l'FBI, forse per ribadire la propria autorità e questo temporaneo successo, ha già annunciato di voler sfruttare le nuove conoscenze acquisite sui sistemi di Cupertino per sbloccare altri device.
Mercoledì l'agenzia federale ha acconsentito ad aiutare un pubblico ministero dell'Arkansas per sbloccare un iPhone e un iPad appartenuti a due giovani accusati dell'omicidio di una coppia. Gli avvocati difensori hanno dichiarato di non essere preoccupati dal contenuto dei dispositivi ma il pubblico ministero è convinto che ci possano essere elementi che proverebbero la colpevolezza dei ragazzi. C'è grande attesa per capire se l'FBI utilizzerà in questo caso lo stesso metodo usato sul dispositivo di San Bernardino, perché si pensa che le autorità vogliano evitare di renderne noti i dettagli prima del processo che riguarda Syed Farook.