«Tocca a noi e ai nostri cari pagare»

Lettera dei lavoratori Italcementi «Siamo stati abbandonati da tutti»

Lettera dei lavoratori Italcementi «Siamo stati abbandonati da tutti»
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Domenica 3 aprile, L'Eco di Bergamo ha pubblicato una lettera firmata da alcuni lavoratori di Italcementi. Per questioni di spazio, il quotidiano ha deciso di proporre soltanto in parte la missiva, riassumendone larghi tratti e commentando alcune delle affermazioni dei dipendenti della storica azienda passata, a fine luglio 2015, dalla famiglia Pesenti alla multinazionale tedesca Heidelberg Cement. La stessa lettera è stata inviata anche a BgReport, portale d’informazione indipendente che raccoglie testimonianze e «dà voce a chi subisce gli effetti dei poteri che governano Bergamo e provincia». A differenza de L'Eco, il sito ha deciso di pubblicare integralmente la lettera ricevuta, sottolineando come il quotidiano, estraendone soltanto alcune parti, «abbia distorto il messaggio dei lavoratori».

Poiché il tema è delicato, abbiamo deciso di riproporvi l'intera lettera scritta dai lavoratori Italcementi e pubblicata da BgReport. Una lettera amara, tesa a raccontare la vertenza dal punto di vista di chi, da anni, lavora per un'azienda così importante per il territorio bergamasco. Gli autori della missiva, di cui non ci è data sapere l'identità, non fanno sconti a nessuno: attaccano i Pesenti, i nuovi proprietari, ma anche le istituzioni (in particolare lo Stato e il Ministero dello Sviluppo Economico), i sindacati stessi e la diocesi. Ecco il testo integrale:

 

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«Siamo un gruppo di lavoratori Italcementi, azienda che, come molti sanno, è stata acquisita dalla tedesca Heidelberg Cement. Tra due o tre mesi dovrebbe essere chiusa l’operazione finanziaria che sancisce il definitivo passaggio di proprietà. Con queste poche righe vorremmo dare alla cittadinanza una informazione oggettiva circa la situazione dei lavoratori, visto che a nostro parere ciò che è stato detto dai maggiori media locali non rispecchia assolutamente la realtà dei fatti.

Siamo di fatto soli.

La proprietà ci ha abbandonato da tempo, non includendo nella vendita alcuna tutela a nostra salvaguardia, e trincerandosi dietro un silenzio imbarazzante e vergognoso. Da quando è uscita la notizia della vendita sui giornali (28 luglio 2015), la famiglia Pesenti non ha mai avuto il buon gusto e il coraggio di parlarci direttamente. Non una lettera aperta, non una comunicazione in cui fosse spiegato il motivo di un’operazione che metterà in ginocchio tante, troppe famiglie.

Lo Stato? Ha concesso la cassa integrazione con scadenza settembre 2017 (utilizzando quindi anche i soldi dei contribuenti) a fronte della presentazione di un piano industriale che ha ovviamente, visto l’imminente cambio di mano, la valenza di carta straccia. Il Ministero dello Sviluppo Economico aveva promesso che si sarebbe seduto a un tavolo con Heidelberg per cercare di mitigare l’impatto sui lavoratori. Dopo il primo abbocco, niente. La Regione? Silenzio assoluto. La Provincia? Timida vicinanza ai lavoratori. Il Vescovo? Solo su suggerimento di alcuni lavoratori, rigorosamente cattolici, ha chiesto spiegazioni, ma la risposta del nostro Amministratore Delegato, piena di buone intenzioni e belle parole, è bastata a tranquillizzarlo e a mettergli il cuore in pace. Il Sindaco? In una intervista dichiara che ci saranno tagli dolorosi, ma confida nella (comoda) vicinanza della Fondazione Pesenti. L’atteggiamento remissivo del sindacato, per concludere il quadro, non alimenta di sicuro la speranza e la fiducia dei lavoratori.

Non basta il portafoglio pieno per essere dei grandi imprenditori ed una bella immagine per essere ricordati come benefattori.

L’operazione imprenditoriale, definita brillante dai maggiori media schierati ad imbarazzata difesa della famiglia Pesenti, è tale solo per le tasche della proprietà, e costituisce di fatto una vendita e una sconfitta. Strozza un indotto già in sofferenza e non crea valore aggiunto al territorio, visto che Heidelberg Cement porterà all’estero gran parte delle attività della sede di via Camozzi. Le opere pubbliche sovvenzionate in parte o in toto da Italcementi e pubblicizzate ad arte gettano fumo negli occhi dei cittadini, e fanno dimenticare il sacrificio delle persone (diverse centinaia) che, bene o male, hanno consentito al Gruppo di diventare quello che è, e che tra poco non sarà più. Rifletteteci, quando passerete nel nuovo Piazzale della Stazione, realizzato con il contributo di Italcementi, o andrete a fare pattinare i vostri figli nel nuovo Palaghiaccio, da poco generosamente donato alla città.

Non vogliamo atteggiarci a vittime, ma rimane l’amara considerazione che in questo mondo per molti aspetti garantista (la tutela della Borsa per i tempi dell’annuncio della vendita, la tutela dei Mercati con l’intervento dell’Antitrust) non ci sia stato nessuno, ma proprio nessuno, nella vicenda del passaggio di proprietà, a tutelare veramente il lavoro e le famiglie.

Tocca a noi e ai nostri cari pagare questo scotto».

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