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La lotta per la privacy continua Ora anche Microsoft contro l'FBI

La lotta per la privacy continua Ora anche Microsoft contro l'FBI
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Lo scontro tra Apple e FBI ha alimentato il dibattito sulla privacy degli utenti, costringendo altri colossi dell'hi-tech a prendere posizioni chiare quasi sempre a tutela dei propri consumatori. Anche Microsoft ha deciso di agire, facendo addirittura causa al governo degli Stati Uniti.

Il caso Apple. Lo scandalo Wikileaks ha aperto l'orizzonte per un serio dibattito in materia di privacy, svelando un'attività diffusa e metodica da parte dell'NSA americana, impegnata a controllare i telefoni di milioni di cittadini. L'impatto sull'opinione pubblica ha spinto i vertici delle principali aziende tecnologiche ad investire risorse per garantire maggiore protezione ai dati dei propri utenti e spesso a schierarsi in maniera decisa contro i tentativi d'accesso da parte delle autorità.

Lo scontro più duro è stato quello tra Apple ed FBI, concluso poche settimane fa con la vittoria dell'agenzia americana, che ha annunciato di aver trovato il modo di accedere agli iPhone senza la collaborazione dell'azienda di Cupertino. In quell'occasione il fondatore di Microsoft, Bill Gates, aveva appoggiato la posizione del governo, invitando la storica rivale a collaborare come richiesto dai giudici: «Questo - aveva dichiarato - è un caso specifico, in cui il governo chiede informazioni. Non chiedono delle cose in generale, ma delle cose in particolare».

 

 

Questione di e-mail. La posizione del miliardario americano aveva sollevato qualche dubbio ma probabilmente non è così lontana da quella espressa da altri colleghi del settore. La notizia di pochi giorni fa è infatti la citazione in giudizio che Microsoft ha intentato nei confronti del dipartimento di giustizia USA, rappresentato dal ministro Loretta Lynch. La decisione è stata presa per opporsi al divieto imposto all'azienda di informare i propri clienti nel caso in cui le autorità accedano alle loro email. Questa pratica è diventata molto diffusa soprattutto da quanto hanno iniziato ad essere di uso comune le piattaforme di cloud, grazie alle quali gli utenti possono salvare i dati su "nuvole" esterne ed accedervi in ogni momento. «Le persone - si legge nell'atto di citazione - non rinunciano ai propri diritti quando spostano le loro informazioni private da archivi fisici al cloud. Lo spostamento al cloud non altera il principio costituzionale che il governo deve, con le dovute eccezioni, dare notizia quando cerca e archivia le informazioni private o le comunicazioni di individui o aziende».

La compagnia ha dichiarato che il governo avrebbe imposto a Microsoft di mantenere il segreto su 2.576 richieste legali negli ultimi 18 mesi e che nel 70% di questi casi l'obbligo di segretezza non aveva un termine definito. La posizione del colosso di Redmond è stata ben spiegata con un comunicato sul sito ufficiale intitolato: Mantenere la segretezza è l'eccezione, non la regola. La pubblicazione, a firma del rappresentante legale Brad Smith, ammette l'esistenza di casi nei quali la segretezza è necessaria per l'interesse generale, come nei casi in cui la divulgazione di un'ordinanza possa causare un rischio per l'incolumità di qualcuno o la distruzione di prove importanti per l'indagine. Il problema sorge però quando la segretezza diventa la norma, sollevando forti dubbi sull'esistenza di una reale valutazione specifica.

 

 

La violazione di principi costituzionali. La condotta del governo, secondo Microsoft, violerebbe due principi costituzionali molto importanti che hanno fatto parte degli Stati Uniti sin dalla fondazione. Il Quarto Emendamento, che assicura alle persone e alle aziende il diritto di sapere se il Governo sta conducendo indagini o sequestri nelle loro proprietà, e il Primo Emendamento, che garantisce il diritto alle aziende di comunicare ai propri clienti in che misura le azioni del Governo riguardino i loro dati.

L'interpretazione di questi principi dovrebbe ora essere estesa al mondo digitale, che fa parte delle vite della maggior parte dei cittadini americani, e che non può essere più considerato un mondo a parte. Il controllo dei propri beni e dei propri dati, come la corrispondenza, è ora molto più difficile da parte degli utenti, che non hanno fisicamente il possesso delle loro email ma che le archiviano in server lontani e sempre accessibili. È quindi lecito chiedersi perché i principi sempre applicati alla corrispondenza cartacea non valgano ora per la corrispondenza virtuale, vista la sua crescente importanza sia per i privati che per le aziende.

Le soluzioni. La richiesta rivolta al Governo si basa su tre principi cardine, indicati molto chiaramente da Microsoft. Il primo principio è la trasparenza nei confronti delle persone, che hanno il diritto di sapere il prima possibile quando il Governo richiede accesso ai loro dati. Il secondo è la neutralità digitale, ovvero la parificazione tra i diritti dovuti alla corrispondenza fisica e quelli dovuti alla corrispondenza digitale. Il terzo e ultimo principio è invece la necessità della richiesta di segretezza, una caratteristica che sembra sia stata troppo spesso ignorata in questo genere di azioni, in cui spesso non veniva nemmeno espressa una concreta motivazione.

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