Quel grido ai terroristi

Sua moglie fu uccisa al Bataclan Cosa dice oggi l'uomo senza odio

Sua moglie fu uccisa al Bataclan Cosa dice oggi l'uomo senza odio
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«Avrebbe potuto essere un automobilista che dimentica di frenare, un tumore un po' più maligno degli altri o una bomba nucleare, la sola cosa che conta è che lei non c'è più. Le armi, le pallottole, la violenza, non sono che lo sfondo della scena: quel che importa è l'assenza». Tra le tante reazioni alla strage del teatro Bataclan, quella di Antoine Leiris, 34 anni, giornalista di Radio France, ha certamente un carattere molto speciale. In un certo senso inatteso. Leiris quel 13 novembre ha perso la moglie molto amata, Hélène, vittima nella strage del teatro parigino.

Per Antoine si è trattato di doversi confrontare con un dolore immenso, mai immaginato né tanto meno sperimentato. Ma sin da subito il giornalista ha avuto una reazione molto istintiva e spiazzante. «Non voglio dare ai terroristi la soddisfazione di trasformare me e mio figlio», aveva detto. «Non voglio cedere all' odio. Le nostre vite sono e restano piene dell'amore per Hélène, che non è più con noi». Una riflessione affidata a Facebook che ha suscitato un'infinità di reazioni, che ha commosso mezzo mondo, in particolare per altre due righe che molto decise e insieme straordinariamente toccanti. Aveva scritto Antoine: «Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo ragazzino vi farà l'affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio».

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Proprio quest'ultima affermazione è diventato il titolo del libro scritto da Leiris che da oggi è in vendita. «Cominciavo tante cose e non ne finivo nessuna» ha confessato Antoine. «Ma scrivere queste pagine è stato diverso, un momento fuori dal dolore, mi ha dato qualche ora lontano dalla sofferenza, e per questo sono riuscito a terminarlo ma non ho curato niente».

La storia raccontata nel libro si ferma al 25 novembre, cioè al giorno in cui Antoine ha accompagnato Melvil al cimitero di Montmartre e deposto sulla tomba una foto della mamma, per fare capire al bambino dove lei si trova, adesso. Un gesto coerente con il modo con cui Leiris aveva vissuto quei giorni. Infatti quello che colpisce di questo libro è questo suo sguardo su quanto vissuto. Una reazione diversa da tutte quelle ascoltate in quei giorni e che ha messo al centro quella ferita evidenziata dalla parola "assenza". Leris si mette a nudo. «Volevo restare con Hélène», scrive nelle prime righe. «Non volevo parole prefabbricate, frasi che chiunque avrebbe potuto dire a chiunque». E quelle parole le ha trovate, efficaci come poche altre. Capaci di fare terreno bruciato attorno ai terroristi meglio di qualsiasi atto di forza.

Oggi il bambino di Antoine ed Hélène ha 22 mesi. «Cresce, gioca, ama le storie e la musica», racconta il papà. «Io e mio figlio abbiamo trovato una specie di leggerezza. Ridiamo anche a volte, quindi, sì stiamo meglio». Non lo ammette ma forse ha in testa un altro libro a cui dedicarsi d'ora in poi, sul piccolo Melvil. Perché scrivere lenisce il dolore. E insegna a tanti che lo leggeranno, a vivere.

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