Una ricerca su Cognition

Parlare il dialetto fa bene ai bambini

Parlare il dialetto fa bene ai bambini
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Il titolo è molto all'americana: Gli effetti del "bilectalism" sulla crescita dei bambini. Lo ha pubblicato una rivista prestigiosa, Cognition (cfr. K.Antoniou et. al. The effect of childhood bilectalism and multilingualism on executive control, «Cognition 149», 2016). Si tratta di uno studio sui comportamenti delle famiglie in cui si parla ancora il dialetto. I risultati sono sorprendenti: i bambini hanno solo da guadagnarci in intelligenza e capacità comunicative quando in famiglia vige il bilinguismo. E non c'è nessuna differenza se la seconda lingua è una lingua nobile o un dialetto. I ricercatori hanno scoperto che i bambini che parlano due dialetti godono degli stessi vantaggi, a livello cognitivo, dei bambini che parlano due lingue distinte.

Quindi l'invito dei ricercatori ai genitori è esplicitamente quello di non trattenersi dal parlare anche il bistrattato dialetto in casa. Spesso infatti dalla scuola arriva l'invito ad evitarlo per facilitare l'apprendimento di un italiano corretto. Un consiglio che oggi viene smentito su questo punto: magari i ragazzi parleranno un italiano meno corretto, ma alla fine saranno molto più bravi ed efficaci dal punto di vista comunicativo. Il dialetto rende molto più diretti, spontanei e infine credibili in quel che si vuol dire.

 

 

I dati italiani. Una bella scoperta in pieno terzo millennio e in una stagione di appiattimento linguistico. Una bella scoperta per un Paese come l'Italia dove il dialetto a dispetto di TV e di anglomania continua ad essere una realtà sorprendentemente viva. Una ricerca dell'Istat (che in questo caso rivela la sua natura un po' centralista) svelava con una certa soddisfazione che  in Italia, il 53,1 percento delle persone di 18-74 anni (23 milioni 351mila individui) parla in prevalenza italiano in famiglia. La quota aumenta quando ci si intrattiene con gli amici (56,4 percento) e, in misura più consistente, quando si hanno relazioni con persone estranee (84,8 percento).

Ma, se rovesciamo i dati della ricerca, scopriamo che nel 46,9 percento delle famiglie in Italia il dialetto è ancora di casa. Un dato molto alto, che svela un radicamento delle abitudini espressive anche a livello delle nuove generazioni. È vero che l'uso prevalente del dialetto in famiglia riguarda solo il 9 percento della popolazione di 18-74 anni (3 milioni di persone), ma è anche vero che esiste una vasta area intermedia in cui il dialetto convive felicemente con l'italiano, soprattutto tra le mura di casa e nei dialoghi tra amici.

 

La mappa dei dialetti in Italia. Clicca sull'immagine per ingrandire.

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Gli immigrati. Ma la sorpresa sono le ricerche in base alle quali sarebbero gli immigrati i più affezionati ai dialetti, in quanto lingua più diretta, più comunicativa e anche più semplice da assimilare. Secondo una indagine della Fondazione Ispirazione realizzata a Treviso la lingua preferita dagli immigrati sarebbe proprio il dialetto. Le parole più usate sono «carega» e «intimea ». «Ciao bea» e «come sea» sono espressioni che tutti i ragazzi arabi, romeni o macedoni conoscono e usano spesso e volentieri. Uno studente di seconda generazione su tre lo vorrebbe studiare in classe. E il 65 percento degli studenti delle superiori ha detto di essere affezionato al proprio dialetto.

Quindi dialetto è bello. È il dialetto fa bene. Dal punto di vista dello sviluppo delle capacità comunicative. È anche dal punto di vista della coesione sociale. Lo dice la realtà. È ora lo confermano anche gli studiosi americani.

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