Lo scenario

Renzi lancia l'offensiva referendum (in teoria, una corsa in discesa)

Renzi lancia l'offensiva referendum (in teoria, una corsa in discesa)
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Sino al mese scorso diceva: «Mi avrete per sette mesi o per sette anni». È la battuta con cui Matteo Renzi sintetizza il suo futuro. I sette mesi sono quelli che lo speravano dal referendum di ottobre sulle riforme costituzionali approvate dal parlamento. I sette anni sono quelli che comprendono la coda di questa legislatura e la prossima. Come dire: se vinco il referendum, poi sulle elezioni 2018 non ho problemi, anche per assenza di concorrenza.

La campagna pro sì. Per questo ieri ha aperto dalla sua Firenze l’offensiva per quella che si profila come la madre di tutte le battaglie. Iniziando con l’arruolare Jim Messina, già spin doctor di Obama. Utilizzato con successo anche dal premier inglese David Cameron nel 2015, Messina è stato il vero artefice della fortuna del presidente americano nel 2012. Il progetto messo a punto da Messina è massiccio e ambizioso. Lo ha annunciato lo stesso Renzi dal palco del Teatro Niccolini di Firenze: «Una gigantesca campagna casa per casa, porta per porta, e io girerò come un globetrotter. Ho bisogno di voi, 10mila comitati in tutta Italia, composti da un minimo di 10 a un massimo di 50 persone». La battaglia si annuncia dura ma il premier gioca la carte dell’entusiasmo: «Da qui a ottobre sarà un cammino meraviglioso, con il coinvolgimento dei cittadini, ci divertiremo».

 

 

Sotto sotto sul referendum Renzi gioca la carta del plebiscito, anche se non lo dice. Sembra infatti davvero difficile che gli italiani boccino la prima riforma che abbatte i costi della politica, che semplifica le procedure, che facilita l’attività legislativa: i senatori passeranno da 315 a 100, 95 eletti dai Consigli regionali «in conformità alle indicazioni espresse dagli elettori alle elezioni politiche». Gli altri 5 potranno essere nominati, come accade anche oggi, dal Presidente della Repubblica. Continueranno a sedere sugli scranni di Palazzo Madama gli ex inquilini del Quirinale.

Il fronte del no.In realtà qualche inquietudine a Renzi viene dai primi sondaggi che danno l’esito molto incerto: secondo la rilevazione, pubblicata da Affaritaliani.it, il 52 percento degli italiani è contrario al ddl Boschi. Lo scorso 18 aprile, sempre secondo Euromedia, i contrari erano il 51,9 percento. Lieve flessione anche per i no che passano dal 48,1 percento del mese scorso al 48 percento odierno. È una riforma che rende comunque difficile la propaganda ai paladini dell’antipolitica e li costringe a percorsi arzigogolati. Il fronte dell’opposizione tiene insieme formazioni molto diverse tra loro che difficilmente dialogheranno. Dalla sua parte invece Renzi deve temere i colpi di coda della sinistra e della minoranza.

 

 

I vantaggi del referendum confermativo. Oltretutto Renzi, che si propone di portare a votare più italiani possibili, non ha lo spauracchio del quorum. Infatti nel referendum confermativo, detto anche costituzionale o sospensivo, si prescinde dal quorum, ossia si procede al conteggio dei voti validamente espressi indipendentemente se abbia partecipato o meno alla consultazione la maggioranza degli aventi diritto, a differenza pertanto da quanto avviene nel referendum abrogativo. Infine il referendum confermativo è più semplice di quello abrogativo. Se per votare contro la concessioni alle trivelle lo scorso 17 aprile gli elettori dovevano votare Sì, in ottobre il Sì è quello per approvare le riforme. In teoria, una corsa in discesa.

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