Un'indagine di Padova

Le vedove sono più felici dei vedovi

Le vedove sono più felici dei vedovi
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Che le donne vivano più a lungo è ormai un cliché. Tuttavia, ciò che forse non si sa è che le donne, rimaste solo dopo un lungo periodo di matrimonio o di convivenza con il compagno, vivono meglio la vedovanza. Non soltanto degli uomini, che parrebbero più inclini alla depressione, ma persino delle donne coetanee, ancora sposate o accompagnate. Lo dimostrerebbe uno studio italiano del dipartimento di Geriatria dell’Università di Padova, condotto con la collaborazione dell’Istituto di neuroscienze del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche), pubblicato sul Journal of Women’s Health.

Lo studio. Ovvero che le donne sono vedove allegre, più forti e capaci di condurre la propria vita in autonomia anche quando, sfortunatamente, per cause naturali restano senza il partner con cui hanno convissuto per lungo tempo. A parlare sono anche i numeri: quelli di un ampio studio che ha coinvolto quasi 2mila persone, fra uomini e donne, con una prevalenza di queste ultime, tutte oltre i 65 anni ma portati bene, come si suol dire, seguite per un periodo di quattro anni da una équipe di ricercatori padovani, esperti in materia geriatrica, e del Cnr, i quali ne hanno studiato le reazioni comportamentali dopo il malaugurato evento della vedovanza.

 

 

Gli uomini la vivono malissimo. La ricerca avrebbe rivelato che il sesso forte, almeno negli anni d’argento, è costituito proprio da loro: le donne. Le quali si distaccano dal marito con più coraggio, superando le proprie fragilità e difficoltà fisiche, emotive, psicologiche e umorali con maggiore determinazione, andando così avanti nella quotidianità in autonomia e con dignità. Mentre gli uomini patirebbero maggiormente la solitudine, la separazione e la lontananza dalla compagna, andando incontro con maggiori probabilità a stati depressivi, almeno nel 25 percento dei casi in più rispetto a quanto accadrebbe alle congiunte rimaste sole.

O anche a fragilità. Quest’ultima è una vera e propria malattia geriatrica che compromette le energie, predispone all’apatia, perdita di peso, a nutrirsi poco e male con un impatto significativo anche sul tono muscolare, perfino nel caso in cui si conduca sport, fino alle condizioni peggiori e tali da richiedere l’ospedalizzazione o a portare alla disabilità. A stupire, dicono i ricercatori, è anche il fatto che a parità di condizioni di salute e di età, le vedove starebbero meglio delle amiche che ancora hanno la fortuna di avere un compagno al fianco, ribaltando  la concezione secondo cui il matrimonio si associa ad una probabilità migliore di salute e benessere in età.

 

 

Il motivo? Da sempre di prende cura di tutti e due. Il fenomeno vedovanza allegra, dicono i ricercatori, è spiegabile, forse anche per la diversa disposizione mentale della dona, per il  ruolo attribuitole dalla società e dalla veste familiare e dunque per il suo generale modus vivendi. Quello cioè che l’ho sempre portata a doversi occupare e prendere cura degli altri, marito, figli, genitori anziani. Ruolo che, nonostante le fatiche e le responsabilità in gioventù, darebbe però poi i suoi frutti nella vecchiaia. Infatti un'ipotesi della fragilità maschile risiederebbe proprio nel fatto che gli uomini, in vita, si appoggiano molto e spesso sulle donne dalle quali si fanno accudire e nelle quali confidano anche per la risoluzione di problemi di casa e di salute. Ruolo di care-giver, piuttosto pesante per la donna, specie se impegnata anche in una propria attività professionale, con un aggravio del carico di stress, frustrazioni e restrizioni. Eppure, questo occuparsi e prendersi cura del prossimo più che di se stessa, porterebbe la donna anche ad essere più sociale, a intessere relazioni al di fuori del proprio nucleo famigliare, ad essere più partecipativa delle situazioni e degli eventi quotidiani.

 

 

Dunque una volta sola, in vedovanza, la donna si troverebbe nella condizione di essere care-giver solo di sé, potendo godere maggiormente dei rapporti sociali ed umani: un prezioso aiuto e supporto per superare la solitudine e il vuoto, specie iniziale. Concentrare le attenzioni sul presente e sulla propria vita personale la avvantaggerebbe anche rispetto alle amiche sposate ed ancora accompagnate dal partner, di cui si devono prendere ancora più cura perché più bisognoso di assistenza e ‘dipendenza’ in funzione dell’età che avanza e degli acciacchi che pure aumentano. Inficiando così la qualità della vita di entrambi.

Un consiglio: mantenere l'equilibrio. Insomma, il matrimonio è bello, fa vivere bene alla coppia, ma all’interno di essa ciascuno dovrebbe cercare anche di continuare a mantenere in parte i propri spazi, fare scelte e azioni in autonomia? Forse o almeno così parrebbe. Per sopravvivere al meglio, senza troppo soffrire il distacco, nella malaugurata ipotesi di restare soli. Il più tardi possibile, naturalmente.

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