Il nuovo presidente austriaco è un “verde”. Si chiama Alexander Van der Bellen e ha sconfitto quello che fino alla vigilia del voto era ritenuto il superfavorito: Norbert Hofer, espressione della destra xenofoba del partito ultranazionalista. A fare la differenza i voti delle 885mila schede arrivate per corrispondenza. Dopo il primo spoglio, infatti, Hofer era in vantaggio con il 51,9 percento, ma al termine dello scrutinio dei voti inviati per posta la situazione si è ribaltata, e al fotofinish Van del Bellen ha ottenuto il 50,3 percento delle preferenze. Lo scarto è stato di soli 31.026 voti con Hofer fermo al 49,7 percento.
Chi è Alexander Van der Bellen. Europeista convinto, Alexander van der Bellen, chiamato Sasha dagli amici, è un ex professore universitario ed ex preside della facoltà di Scienze economiche di Vienna. Ha 72 anni ed è il leader del partito del Verdi, di cui è stato presidente tra il 1997 e il 2008. Si è presentato come candidato indipendente, essendosi dimesso dal partito nel 2008 dopo la cocente sconfitta elettorale dei Verdi. Nonostante questo, il suo ex partito lo ha sostenuto, un po’ perché nel Paese Van der Bellen è rispettato ed apprezzato per la sua onestà e per il suo pensiero libero da ogni condizionamento, e un po’ perchè con lui i Verdi divennero la terza forza politica d’Austria nel 2006, passando dal 5 al 10 percento dei consensi. Ancora prima di vincere le elezioni presidenziali ha promesso che non firmerà il trattato transatlantico sul libero commercio, il Ttip, nonostante il parlamento lo abbia già approvato.
Le origini da figlio di profughi (nobili). I suoi genitori erano profughi: il padre russo di origine olandese, la madre estone. Nobili, con antenati sudditi dell’impero zarista, erano fuggiti dopo l’invasione dell’Estonia del 1940 da parte dell’Unione Sovietica. Solo all’età di 14 anni il giovane Alexander, sebbene fosse nato a Vienna e cresciuto in Tirolo, divenne cittadino austriaco. Personaggio carismatico e dal carattere deciso (nonostante sia un “verde”, è un accanito fumatore, un appassionato di motori e si rifiuta di muoversi in bicicletta), Alexander Van del Bellen è stato considerato l’unica alternativa possibile alla destra xenofoba di Hofer, che al primo turno aveva stravinto le elezioni. Grazie al suo passato socialista e alle sue idee sull’immigrazione e sui rifugiati, che hanno giudicato la posizione del governo troppo dura, ha saputo raccogliere trasversalmente i voti dei socialdemocratici e di tutti i simpatizzanti delle forze politiche uscite sconfitte dal primo turno elettorale, comprese quelle di destra moderata, recuperando uno svantaggio di 14 punti su Hofer.
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Paese spaccato a metà. Lo spettro della destra xenofoba ha quindi fatto paura agli austriaci, che si sono precipitati alle urne come mai prima d’ora: l’affluenza, infatti, è stata del 72,8 percento e, in particolare, il voto per corrispondenza ha avuto un esito altissimo di partecipazione. Segno che le tensioni nel Paese alle prese soprattutto con la questione dell’immigrazione stanno molto a cuore agli austriaci, che hanno votato spaccati: Hofer si è affermato nelle zone rurali, soprattutto quelle al confine con l’Ungheria e nel Tirolo, e Van der Bellen nelle grandi città, soprattutto a Vienna. Comunque, con Van der Bellen al governo l’Austria evita di porsi in una situazione di isolamento dal resto d’Europa. Il risultato del voto, però, se da un lato dice che l’Austria ha rigettato gli spiriti xenofobi tranquillizzando l’Europa ed evitando il peggio, dall’altro mostra anche un Paese profondamente diviso, spaccato a metà, con una prepotente avanzata degli spiriti populisti.
Cosa lo aspetta. Sebbene in Austria la Costituzione preveda che la carica di Presidente sia più che altro formale, le sfide che attendono Van der Bellen non sono poche. Perché il governo di Grande coalizione versa in uno stato di profonda crisi, ora che il premier socialdemocratico Faymann ha dato le sue dimissioni dopo 7 anni e mezzo di governo e la vittoria della destra al primo turno delle presidenziali. È assai probabile, a questo punto, che il voto previsto per il 2018 venga anticipato di un anno e toccherà proprio al nuovo Presidente gestire questa delicata fase politica. In ordine alla Costituzione, infatti, spetta a lui nominare il capo del governo e i ministri, così come chiederne le dimissioni e indire nuove elezioni.