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Dieci grandi canzoni di Bob Dylan che ha appena compiuto 75 anni

Dieci grandi canzoni di Bob Dylan che ha appena compiuto 75 anni
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75 anni compiuti il 24 maggio, Bob Dylan, al secolo Robert Allen Zimmerman, è una delle figure più importanti degli ultimi cinquant'anni, sia per la musica che per la cultura popolare, ma anche un po' per la letteratura. Nel suo stile, che ha spaziato e spazia dal country al gospel al rock'n'roll, fino allo swing e al blues, è stato la voce della protesta americana degli anni Sessanta, in una sfida sagace e profonda alle convenzioni del pop e della cultura del tempo.

Un po' cantante, un po' poeta, un po' profeta e un po' menestrello, ha di fatto reinventato la figura del cantautore contemporaneo, mentre ideava il folk-rock, vinceva un premio dietro l'altro (compresi un Oscar e un Pulitzer) e componeva capolavori destinati a cambiare la storia della musica. E a fermarsi per sempre nella memoria collettiva. E nel cuore di tutti. Eccone dieci davvero immortali (in ordine cronologico).

 

Blowin' in the wind, 1962

https://youtu.be/5Ef0uZPNltE

Scritta in dieci minuti al tavolino di un café di New York, fu il canto delle proteste contro la guerra in Vietnam, il manifesto di poeti e attivisti per decenni e un capolavoro che ancora oggi tutti cantano. Con le sue innumerevoli interpretazioni possibili e la sua lista di domande senza risposta, Rolling Stone l'ha inserita nelle 500 canzoni migliori di tutti i tempi, definendola «un inno progressista adatto a tutti gli scopi, che suggerisce che le cose devono cambiare e cambieranno».

 

 

A Hard Rain's A-Gonna Fall, 1963

https://youtu.be/H9YaAY0ja_c

Canzone complessa e potente, il critico Robert Shelton la definì un «capolavoro della musica folk», sintesi perfetta tra poesia e jazz degli anni Cinquanta, inizio di una rivoluzione musicale e artistica. Dylan rivelò che «ogni strofa è in realtà l'inizio di una nuova canzone. Ma quando la scrissi, mi sembrava di non avere abbastanza tempo per scrivere tutte quelle canzoni così ho messo tutto quello che potevo in questa». Qualcuno la interpretò come un inno ambientalista, tutti concordarono sul fatto che mise addosso a Dylan quell'aura da poeta che gli restò per sempre. E a chi gli chiedeva se parlasse della crisi di Cuba e della paura dell'atomica, disse di no: «No, non è la pioggia atomica, è solo una forte pioggia. Non è la pioggia radioattiva. Intendo una sorta di fine che sta per accadere. Nell'ultimo verso, quando dico, "le pallottole di veleno stanno contaminando le acque", questo verso rappresenta tutte le bugie che vengono dette alle persone dalle loro radio e dai loro giornali».

 

Mr. Tambourine man, 1964

«Ehi Mister Tambourine / suona una canzone per me / non ho sonno e non ho un posto dove andare / ehi mister tambourine suona una canzone per me nel tintinnare del mattino». Testo poetico e visionario dall'andamento ciclico, tra onirisimo ed esoterismo, composto alla sola età di 24 anni. Non si sa, comunque, chi fosse Mr. Tambourine, questa sorta di strano pifferaio magico: Dylan disse che si trattava di una metafora per indicare colui che aiuta chi si trova nei guai o vive un momento di difficoltà. Fu interpretato da alcuni come un invito al consumo di stupefacenti e divenne un immediato successo. Con Dylan che iniziò a posare per le riviste con quell'aria amletica che lo caratterizza. Ad ogni modo, con questo brano nacque un nuovo genere: il folk rock.

 

 

The Times They Are a-Changin', 1964

È Dylan stesso, in una lettera di 20 anni dopo a Cameron Crowe, a dichiarare che la canzone fu scritta nel tentativo di farne un inno dei cambiamenti di quel momento storico: «Questa era decisamente una canzone con uno scopo. Sapevo esattamente cosa volevo dire e per chi lo volevo dire. Sai, naturalmente questa canzone è influenzata dalle ballate irlandesi e scozzesi. Volevo scrivere una grande canzone, una sorta di canzone a tema, sai, con versi brevi e concisi che si accumulavano l'uno sull'altro in una maniera ipnotica. Il movimento dei diritti civili ed il movimento della folk music furono abbastanza vicini ed alleati per un certo periodo in quell'epoca. Quasi tutti si conoscevano tra di loro. Dovetti suonare questa canzone la stessa sera che il Presidente Kennedy morì. Prese il posto di canzone di apertura dei concerti e lo tenne per un lungo periodo». Il critico Michael Gray la descrive come l'«archetipo della canzone di protesta», Christopher Ricks ne sottolinea la sempreverde attualità, Andy Gill fa notare che contiene una citazione del libro biblico Qoelet. Tutti concordano nel definirla immortale.

 

Like a rolling stone, 1965

https://youtu.be/dxLMr784l0Q

Canzone leggendaria, che Dylan considera la sua migliore, amatissima anche da Bruce Springsteen. Fiaba che inizia con un «C'era una volta», ma senza un lieto fine, è la storia di questa misteriosa lei caduta in disgrazia, attorniata da una serie di personaggi fantastici e bizzarri (clown, giocolieri, un gatto siamese, una principessa sul campanile). Ci sta bene persino il sax. Like a Rolling Stone fu una delle prime canzoni che Dylan suonò quando, durante il Newport Folk Festival del 1965, passò all'"elettrico". Il rock a cui iniziò a dedicarsi quella sera fu accolto con fischi e beffe dal pubblico folk. Ma lo consacrò ancora una volta nel mito.

 

Just like a woman, 1966

Al centro del brano, una figura femminile che «parla proprio come una donna, fa l'amore proprio come una donna, ma va in crisi proprio come una bimba», in un gioco sincopato di personalità. Dylan scrisse questa ballata il giorno del ringraziamento del 1965 mentre si trovava in tour a Kansas City. Pare che fu ispirato da Edie Sedgwick, donna di New York che frequentava la Factory di Andy Warhol. Seguirono cover di Nina Simone, Charlotte Gainsbourg, Joe Cocker e altri grandi. E una citazione in Io & Annie di Woody Allen.

 

You Ain't Goin' Nowhere, 1971

https://youtu.be/B7a_2Cglupw

Scriveva Jim Beviglia: «Ogni volta che un cantante scrive o suona una canzone preoccupandosi solo del vero messaggio che porta dentro sé e senza pensare a cosa il pubblico e le case discografiche si aspettano di sentire, le radici di quel momento si possono trovare in The Basement Tapes», il disco a cui appartiene questa canzone. L'album, registrato da Dylan e dalla sua band a Woodstock, sperimenta con un'ampia gamma di stili e suoni diversi. «Suonavamo in assoluta libertà - ha raccontato a Rolling Stone il chitarrista Robbie Robertson - suonavamo pensando che nessuno avrebbe mai sentito quei pezzi, finché eravamo in vita. Bob diceva che avremmo dovuto distruggere quei nastri. Fortunatamente lo convincemmo a non farlo». Con questo brano possiamo sentire l'archetipo che porterà, nei decenni successivi, al folk revival reso famoso oggi dai Mumford & Son.

 

Knockin' on Heaven's Door, 1973

https://youtu.be/_bWzyiU-S_w

Scritta come colonna sonora del film Pat Garrett & Billy the Kid e divenuta successivamente una delle sue canzoni più famose, segue una struttura molto semplice, basata sulla ripetizione alternata dei due temi A e B, ognuno costituito da due giri di accordi SOL, RE, LA-, LA- e SOL, RE, DO, DO. Brano ad hoc per la pellicola, d'ispirazione country e western, molto americano. Il testo è il resoconto amaro di uno sceriffo, ex bandito ormai invecchiato, che ha davanti a sé il suo passato e l'amicizia con Billy the Kid. «Mamma, sotterra la mia pistola / Io non posso sparar loro ancora / Quella lunga nuvola nera sta scendendo / Mi sento come se stessi per bussare alle porte del paradiso», dichiara accettando la sua sconfitta. Tra le sue innumerevoli cover, si ricordi quella del 1991 dei Guns 'n Roses.

 

Forever Young, 1974

Quando esce l'album Planet Waves, fan e critica tirano un sospiro di sollievo, dopo sei anni di dischi da dimenticare. Del resto, sono gli anni del Dylan casalingo, che si dedica alla moglie e ai figli. E all'ultimogenito Jakob dedica la canzone più bella del nuovo disco, Forever Young. E pensare che il cantautore era in dubbio sull'inserire o meno il brano nell'album, data l'indecisione tra versione lenta e veloce: furono poi pubblicate entrambe. La canzone è ovviamente un inno alla vita e la speranza, che parla agli adulti, più che al nuovo nato, invitandoli a guardare il mondo con lo sguardo incantato e integro della gioventù.

 

Hurricane, 1976

Bob Dylan racconta come in un film noir la storia del pugile di colore Rubin "Hurricane" Carter, ingiustamente accusato di triplice omicidio e condannato all'ergastolo, per motivi razziali e non a seguito di una seria inchiesta. Dylan era andato a trovarlo in prigione dopo aver letto la sua autobiografia, The sixteen round, e aveva deciso di collaborare alla battaglia per la sua scarcerazione, che poi avvenne anni dopo. La voce del cantautore sciorina rime dialogando con il violino di Scarlet Rivera, sul ritmo crescente delle percussioni.

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