Secondo diversi studi

Perché piangiamo?

Perché piangiamo?
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Il pianto è una delle reazioni fisiche ed emotive più difficile da spiegare: in primo luogo, è legato ad una tale varietà di emozioni (felicità, tristezza, commozione, dolore e via dicendo) che è impossibile legarlo come conseguenza di un preciso stato d’animo; in secondo luogo, perché mai, come causa di un particolare sussulto dell’emotività, dovremmo cominciare a far fuoriuscire, in maniera del tutto involontaria, acqua dagli occhi? Sono tutte domande a cui persino la scienza, ad oggi, non è ancora riuscita a dare risposte, tantomeno la psicologia. Eppure fioccano studi e ricerche al riguardo, che hanno provato a delineare, nei limite del possibile, i limiti entro cui è possibile dare una ragionevole risposta a quel momento di cui spesso un po’ ci vergogniamo ma che scandisce inevitabilmente le gioie e i drammi della nostra vita.

 

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Donne e civiltà, per cominciare. William Frey e Ad Vingerhoets sono due famosi psicologi che hanno approfondito la questione, giungendo ad alcune constatazioni interessanti. Anzitutto, e il gentil sesso non ce ne voglia, le donne statisticamente piangono molto più degli uomini: secondo alcune rilevazioni, infatti, le prime lacrimano in media 5,3 volte al mese, e lo fanno per almeno 5-6 minuti di fila: al contrario, i secondi lo fanno 1,3 volte ogni 30 giorni, e mai per più di 2 o 3 minuti. Che le donne siano più propense al pianto (ma non alla sensibilità, attenzione) rispetto agli uomini non è poi una gran novità, ma questa statistica, se non altro, certifica scientificamente il luogo comune. Da un punto di vista socio-culturale, si piange maggiormente, sempre secondo Frey e Vingerhoets, nei Paesi più ricchi e dalla civilizzazione di lunga data, probabilmente per il fatto che in questi luoghi esiste una maggiore libertà di espressione personale: in alcune zone del mondo, infatti, piangere in pubblico è ancora socialmente visto di malocchio. C’è, inoltre, un fattore ormonale da tenere in considerazione, che ci riporta al discorso del rapporto che gli uomini e le donne hanno con le lacrime: è stato infatti constatato che in alcuni pazienti maschi affetti da tumore e sottoposti a trattamenti che prevedono cure che abbassano il livello del testosterone (l’ormone tipicamente maschile) la propensione al pianto sia decisamente più elevata che in condizioni fisiologiche. Da ciò, si dedurrebbe che il testosterone rappresenti una sorta di ostacolo al piangere. Certo è, però, che non si può non considerare il fatto che i suddetti analizzati piangano più frequentemente per il semplice fatto di avere un cancro, con tutti i risvolti emotivi che una condizione del genere comporta. Qualche opaco tentativo di risposta, dunque, ma decisamente ancora non soddisfacente.

 

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La questione dell’età. Un ulteriore studio, britannico in questo caso, ha cercato di individuare le principali ragioni per cui si scoppia a piangere. Oltre a riscontrare, ancora una volta, che le donne in generale si abbandonano alle lacrime con maggior facilità degli uomini, si è scoperto che i più propensi sono nientemeno che i giovani fra i 18 e i 24 anni. A proposito dell’età, inoltre, in base all’anagrafe cambiano i motivi per cui si piange. I giovani piangono, nel 44 percento dei casi, per motivi legati all’autostima, ovviamente nel senso di una carenza di essa: la mancanza di fiducia in se stessi e il senso di inadeguatezza nei confronti della vita adulta che si avvicina sono le cause più frequenti, che generano un senso di tristezza e di ansia che trova sfogo nel pianto. Buone percentuali, inoltre, per quanto riguarda lo stress degli studi e i problemi famigliari, rispettivamente al 39 e 38 percento. Per i “grandi”, invece, la questione è differente: il 37 percento dei casi analizzati piange per situazioni complicate all’interno dell’ambito famigliare, il 26 percento per empatia rispetto a difficoltà di persone vicine, il 25 percento per un lutto, mentre ben il 37 percento per, udite udite, i film, e in generale un qualche tipo di finzione, appunto “strappalacrime”.

E quindi? Dunque, in conclusione, il pianto rimane ancora un mistero difficilmente indagabile, soprattutto per quanto riguarda l’estrema soggettività che avviluppa il tema: al di là delle rilevazione statistiche e percentuali che si possono fare, è impossibile, persino per se stessi, capire e sapere quando, come e per cosa si scoppierà in un lacrimare a dirotto. L’unica cosa sicura sui concordano scienza, psicologia e realtà che questa: piangere alleggerisce e sfoga come poche altre cose.

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