Uno studio anche archeologico

Il dolore alle ossa è antichissimo Ne soffrivano addirittura i Romani

Il dolore alle ossa è antichissimo Ne soffrivano addirittura i Romani
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Il dolore alle ossa è antichissimo. Un ampio studio, scientificamente originale, della Società italiana di ortopedia e traumatologia (Siot), svolto in collaborazione con il Servizio di Antropologia della Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l'Area Archeologica di Roma, attesterebbe le prime comparse di dolore osseo in individui, di entrambi i sessi, vissuti nell’antica Roma, in epoca imperiale. La ricerca, raccontata nel libro Bones Orthopaedic Pathologies in Roman Imperial Age, scritto da ortopedici oncologi, antropologi e storici della medicina, ha interessato l’esame di oltre 2mila scheletri, studiati fin nel dettaglio: da un punto di vista antropologico, con rilievi fotografici e tecniche di imaging, come la TAC, utilizzati per moderni esami diagnostici.

 

 

I dolori ossei degli antichi romani. Il dolore osseo nei giovani è antichissimo. Non è una contraddizione in termini: secondo gli studi più recenti pare infatti che i romani del I e II secolo dopo Cristo sperimentassero il dolore, specie alle ossa, in età molto precoce. Intorno ai 30 anni, poco più o poco meno, a causa di condizioni di vita pessime: ingente povertà, che interessava anche il ceto medio, contesti igienici e abitativi poco salutari, lavori massacranti. Poco importava che questi ultimi fossero occupazioni rurali, attività svolte nei campi, nelle saline o nelle botteghe di tintori: il carico e la mole di lavoro alla fine pesavano sull’intero scheletro, usurandolo e lasciando tracce pesanti di invalidità permanente con dolori fisici inimmaginabili per la nostra epoca.

Non sono documenti cartacei ad asserirlo, ma oltre 2mila corpi rinvenuti nel corso di varie campagne di scavo delle necropoli suburbane della Capitale che hanno consentito di osservare le patologie che più affliggevano gli uomini e le donne del tempo imperiale. Artrosi, gotta, tubercolosi, tumori primitivi delle ossa o metastasi, patologie ancora esistenti, erano frequentissime. E soprattutto fratture: non solo alla colonna o alle vertebre come si potrebbe pensare, ma anche traumi alle ossa nasali forse per la mancanza di strumenti di protezione adeguati sui posti di lavoro, rottura della clavicola e delle ossa delle mani, e per finire disturbi o lussazioni dell’articolazione della spalla, forse la più a rischio, per gli eccessivi pesi trasportati.

 

 

Le antiche ingessature. Fratture che venivano anche curate. La ricerca ha infatti messo in evidenza che a quell’epoca risalgono forme rudimentali di ingessatura, che aggiustavano perfino casi gravi di fratture, secondo i reperti archeologici esaminati. Non c’era, allora, nessun atto chirurgico capace di ricomporre le ossa rotte, bensì queste, indipendentemente dall’arto che ne era interessato, venivano ingabbiate in una primordiale struttura di legno che era lasciata in posa, immobilizzando l’arto per circa 2 mesi, il tempo stimato per la guarigione dell’osso. E poi la persona ritornava a lavorare con condizione di dolore non certo passeggero o lieve, stoicamente.

È un documento storico, medico e antropologico prezioso, quello raccontato nelle pagine del volume, reso possibile dal sapiente raffronto di conoscenze antropologiche con rilievi fotografici, integrati con l’uso di alcune tecniche di indagine radiologica moderna, come la Tomografia Computerizzata multistrato (TAC), che hanno permesso di evidenziare elementi e informazioni che il solo occhio umano o l’esclusivo esame clinico-antropologico non avrebbero mai potuto attestare.

 

 

Niente prevenzione. Le ferite ossee rilevate sugli scheletri attestano anche che nell’antica Roma non esisteva alcuna forma di tutela preventiva per la salute. Non solo per le fratture, ma anche per alcune patologie più comuni, come l’artrosi ad esempio, le cui cause di insorgenza sono ancora oggi sconosciute, ma di cui ormai sono noti i fattori di rischio, all’epoca invece ignorati: ovvero che l’artrosi è legata soprattutto al carico o alla pressione cui vengono sottoposte le articolazioni, verso le quali si può però attuare un'adeguata prevenzione.

Innanzitutto alimentare, come consigliano oggi, controllando cioè il peso che influisce sensibilmente sul benessere articolare, e previlegiando una dieta anti-infiammatoria e pro-collagene, con ad esempio cibi contenenti acidi grassi omega-3, glucosamina e condroitin solfato, olio di oliva e tè verde, potenziati anche dall’assunzione di integratori alimentari naturali. Soprattutto a base di glucosamina, la quale riduce il dolore e rallenta l'assottigliamento della cartilagine a carico delle articolazioni di anca e ginocchio, di norma le più colpite dall’artrosi, a favore di un migliore movimento e una buona qualità di vita, anche in condizioni di malattia.

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