Paloschi: «Fin da bambino ho rincorso questa maglia»

Paloschi: «Fin da bambino ho rincorso questa maglia»
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È arrivato intorno alle 10 insieme al padre Giovanni, ha preso un caffè al bar in galleria vicino al negozio nerazzurro e poi ha atteso l’inizio della conferenza stampa di presentazione al’interno di un Atalanta Store completamente vestito da adesivi alle pareti recanti il suo numero, il 43. È iniziata così la prima giornata ufficiale di Alberto Paloschi all’Atalanta, insieme al direttore generale Umberto Marino e al direttore tecnico Giovanni Sartori il nuovo centravanti della Dea ha raccontato come è nata e come si è sviluppata la trattativa che lo ha portato, finalmente, a vestire la maglia della sua città.

«La sua scheda parla chiaro – attacca Sartori - numeri e carriera sono sotto gli occhi di tutti. Vorrei però sottolineare un aspetto importante: la sua volontà di venire all’Atalanta è stata molto, molto forte. In tanti e forse in troppi hanno detto che Sartori lo voleva qui, è vero ma senza la sua volontà questo non sarebbe mai accaduto. Ha fatto un grande sacrificio economico, le cifre che circolano non sono veritiere ma sottolineo che lui ha accettato una riduzione del 50 percento dello stipendio. Questo non capita quasi mai, di solito tutti vogliono aumentare i propri ingaggi e lui ha invece deciso di fare il contrario. Quando la famiglia Percassi ha capito che voleva venire da noi, in pochi giorni abbiamo chiuso».

 

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Le parole del nuovo numero 43 atalantino escono pacate, i concetti però sono chiari e durante la chiacchierata all’Atalanta Store emergono particolari curiosi sui contatti che hanno portato alla chiusura della trattativa. «Sono davvero molto contento di essere qui. Ho rincorso questa maglia fin da bambino, non sono mai riuscito ad indossarla e dopo la sessione di gennaio in cui qualcosa c’era stato, adesso sono qui. In tanti mi hanno scritto, sono vissuto a Cividate e tutti mi hanno ricordato che la maglia dell’Atalanta è importante e va sudata. Sono qui per dare il massimo, l’Atalanta secondo molti è una "piccola", ma io ho visto strutture e una organizzazione da grande squadra. È uno dei motivi per cui ho deciso di venire a Bergamo».

Tutti sognano il calcio inglese, lui dopo pochi mesi ha fatto marcia indietro. «A gennaio ho scelto di andare allo Swansea perché il campionato mi affascinava e volevo mettermi in gioco. Qui avevo preso dei ritmi di lavoro abbastanza particolari, lì è molto diverso e quindi ho voluto tornare. A Bergamo voglio fare gol, è il mio lavoro. Non vedo l’ora di iniziare, il pubblico è molto caldo e voglio dare grande soddisfazione a tutti. Spero di riuscirci».

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Il gioco di Gasperini è molto offensivo, le premesse sono quelle giuste e Paloschi lo sa benissimo. «Quando andai al Genoa non ci siamo incrociati ma conosco Gasperini e so che gioca con grande spinta offensiva. Con il mister ci siamo sentiti al telefono e la mia volontà è ferrea: ho in testa solo l’Atalanta, non penso ad altro e credo che tutto quello che può riservarmi il futuro passi dal lavoro quotidiano a Zingonia. Inzaghi? Ogni tanto ci sentiamo, ma non è ancora accaduto da quando ho firmato per la Dea. Qui lui ha fatto benissimo, ha chiuso da capocannoniere e io spero davvero di fare il massimo».

Ma come è nata la trattativa? «Con il direttore Sartori ci siamo sentiti a inizio giugno, lui voleva capire come era andata la mia esperienza e verso la fine della chiamata mi ha fatto una battuta sul futuro a cui ho risposto “Allora direttore mi porti a Bergamo, è il mio sogno”. In breve tempo abbiamo parlato e trovato un accordo, c’erano anche altre squadre ma non ho mai avuto dubbi». «È andata proprio così – interviene Sartori – e confermo che quella battuta mi ha fatto capire che c’era spazio per provarci. Ho subito aggiornato il presidente e il figlio Luca, ci siamo messi al lavoro e anche se non credevo possibile che alla fine potesse concretizzarsi a cifre da Atalanta, è andata proprio così e questo mi rende molto felice».

 

 

Il numero 43 sulle spalle ha qualche significato? «È un numero che ho sempre avuto, mi ha portato fortuna e l’avevo sulle spalle anche quando segnai il primo gol in serie A al Siena con il Milan. Mi arrivò casualmente, è il destino dei ragazzi che arrivano in prima squadra. In tema di ingaggio, se avessi guardato solo ai soldi sarei rimasto in Inghilterra. Adesso conta solo giocare e mettermi in mostra, se hai uno stipendio importante, ma alla domenica non vivi le emozioni che cerchi e di cui uno come me ha bisogno, è giusto cambiare. Ho cambiato e sono tornato a casa. Per un ragazzino che vive in provincia di Bergamo il sogno è quello di giocare con l’Atalanta ed esordire in prima squadra: non l’ho fatto prima, sono finito al Milan e sono contento di farlo adesso».

L’arrivo di Ventura e le poche alternative a disposizione potrebbero anche riaprire le porta per la Nazionale. Paloschi ci crede? «È l’ambizione di tutti, inutile nasconderlo. Credo però che la convocazione passi dal lavoro quotidiano e, se arrivasse, significa che sto facendo bene. Mi ha sempre caratterizzato la grande voglia di lavorare dando il massimo, non mi sono mai tirato indietro e gioco con in testa il bene della squadra: per i miei compagni mi butterei anche nel fuoco».

Qualcuno chiede al padre di Alberto che emozioni si provano e Giovanni Paloschi (tifoso atalantino), visibilmente emozionato, ha detto: «Sono molto contento, è arrivato a Bergamo e per noi che siamo bergamaschi è una gran cosa. Ha 26 anni e la decisione spettava a lui, quando mi ha detto che sarebbe tornato ci siamo emozionati tutti». Alberto completa il concetto: «Tornare a casa, giocare per i colori della propria città è una cosa che regala grande responsabilità. Papà critico? Mamma mia, se non gioco bene o non segno cerco di sparire fino al martedì e non voglio più vederlo. (ride, ndr)».

Dopo i ringraziamenti per Guidolin e il suo staff, l'attaccante rispondende a chi gli chiede del suo modo di giocare, fastidioso per gli avversari ed esaltante per chi vuole sempre vedere grande ardore. «Credo che la mia voglia di fare e di lavorare faccia la differenza: se non l’avessi forse non giocherei in serie A. Per stare bene devo lavorare tanto e dare il massimo, il nostro calcio è fatto di corsa e lotta e quindi bisogna approcciarsi così. In partita cerco di dare sempre tutto, è vero che i tifosi avversari magari mi prendono di mira per il mio modo di stare in campo ma è altrettanto vero i miei tifosi sono stati sempre felici e contenti».

La chiosa finale è del direttore tecnico Sartori che fa il punto sul mercato. Non dice molto ma un concetto è chiaro: partirà al massimo un pezzo pregiato. «Gasperini vuole anzitutto valutare i giocatori che abbiamo. Non c'è fretta, credo che servano un paio di giocatori per completare l’organico. Aspettiamo Pinilla, si metterà a disposizione e parleremo con lui. Paletta? Tutto è possibile, ma bisogna aspettare. De Maio non è nel mirino dell’Atalanta, andiamo in ritiro con 28-29 giocatori e dopo le tre settimane di lavoro si faranno tutte le valutazioni. Se ci sarà una buona offerta, la società necessariamente acconsentirà a un’uscita. Ma parliamo solo di una. Altri colpi alla de Roon? (sorriso, ndr) può essere, abbiamo alternative pronte e se uno si afferma siamo sul pezzo. Suso? È un bel giocatore, ma la situazione del Milan è un po’ particolare quindi bisogna attendere».

 

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