Duecento messaggi al giorno

Questo era il telefono di Louise (che si è uccisa per gli insulti online)

Questo era il telefono di Louise (che si è uccisa per gli insulti online)
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Fenomeno in crescita esponenziale negli ultimi anni e grave problema sociale, soprattutto tra i più giovani, il cyberbullismo è sempre più argomento d’analisi e deleterio virus che si annida nei nuovi strumenti di comunicazione. L’ultimo triste caso di cronaca che riguarda la gogna mediatica e l’odio online si è concluso, dopo la diffusione di un video hard virale che la vedeva protagonista (diventato meme, oggetto di battuta e tema di scherno generale), con il suicidio della 31enne Tiziana Cantone.

 

 

Le giovanissime vittime. Il problema del cyberbullismo, poi, non colpisce soltanto chi, più o meno volontariamente, si espone al giudizio altrui o è coinvolto nella diffusione in rete di filmati privati. Spesso a farne le spese sono ragazzini in età adolescenziale o liceale, presi di mira senza alcuna ragione, se non quella di essere se stessi. Tra questi c’era Louise Altenhoven, una splendida 16enne belga dagli occhi azzurri, trovata impiccata nel suo giardino il 3 settembre 2014, dopo essere stata bocciata a scuola, ma soprattutto dopo essere stata vittima di crescente odio virtuale su Ask.fm, il portale in cui chiunque può domandare in modo anonimo qualsiasi cosa agli iscritti e, di conseguenza, anche liberamente insultare.

Una campagna contro l’odio. Due anni dopo, nell’aprile 2016, il padre di Louise, Bernard Altenhoven, ha deciso di condividere proprio con la rete il suo dolore, trasfigurandolo in consapevolezza. In collaborazione con Olivier Bogaert del Crime Unit Computer, la polizia federale e la rete di telefonia e web VOO ha creato un sito evocativo in cui chiunque può sperimentare cosa significhi vivere condividendo il proprio cammino quotidiano con l’opprimente peso degli hater del web. La campagna si intitola #NoHateNetwork, no alla rete dell’odio, e mira a promuovere un uso più responsabile di internet e ad aumentare la consapevolezza della sua pericolosità, ponendo l’utente in mezzo all’inferno del cyberbullismo.

 

louise

 

Un sito per capire com’è davvero. Entrando nel sito, si è immersi in una stanza buia virtuale, piena di palloncini su cui sono scritti messaggi di odio. Questi palloncini rappresentano i tipici messaggi ricevuti sui social e via web (Whatsapp, Facebook, etc.), ovvero nella modalità comunicativa più frequentemente utilizzata dai giovani, dalle vittime del cyberbullismo. L’utente li legge ad uno ad uno, con un inevitabile e crescente senso d’angoscia, accompagnato dalla voce pacata di Bernard, che rievoca la storia della figlia. Il percorso si conclude al centro della stanza in cui si trova il telefono di Louise, quello su cui ha ricevuto tutti gli insulti appena passati, a un ritmo di duecento al giorno, e che lei ha cercato, invano, di ignorare. È così piccolo su quel cerchio bianco, quel telefono. Eppure.

All’utente viene poi chiesto di sottoscrivere un breve manifesto di lotta contro il cyberbullismo: poche norme per il corretto utilizzo di internet nel rispetto degli altri. E vittime o testimoni di cyberstalking trovano sul portale tutta l’assistenza necessaria.

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