Elogio delle mense scolastiche

«Il panino a scuola è un diritto di tutti»: così siti, giornali e tv hanno sintetizzato la sentenza con cui il tribunale di Torino ha respinto il reclamo del Ministero dell’Istruzione contro la decisione che aveva di fatto dato alle famiglie il diritto di mandare i bambini a scuola portandosi il pasto da casa. A giugno la Corte d’Appello aveva infatti riconosciuto questo diritto ai figli di 58 genitori che avevano presentato ricorso. Ora la novità della sentenza del tribunale torinese è che il diritto viene riconosciuto a tutti. A Torino, in seguito alla prima sentenza, ci si era già organizzati per garantire la ristorazione mista. Ora c’è da prevedere che il fenomeno si allargherà a macchia d’olio.
E i bambini poveri? Ma è davvero una vittoria delle famiglie e dei bambini? Ci sono molti buoni motivi per credere che invece sia proprio il contrario. E che il diritto di schiscetta si tradurrà in un boomerang. La nuova situazione rischia di colpire proprio i bambini delle famiglie più povere. Come ha spiegato la sociologa Chiara Saraceno, la mensa scolastica garantisce a tutti i bambini, indipendentemente dalle risorse della loro famiglia, almeno un pasto completo di elevato valore nutritivo e bilanciato al giorno. E intanto i dati sulla povertà assoluta usciti a luglio dicono che una famiglia su dieci con almeno un figlio minore non riesce a soddisfare il livello di consumi minimi per il paniere essenziale.
Un momento educativo. La mensa poi è anche un momento di educazione allo stare insieme. Ci si siede attorno a un tavolo e si impara a instaurare comportamenti corretti e rispettosi. Per i bambini il mangiare insieme è certamente esperienza formativa e di educazione alla socialità. È un’esperienza che oltretutto aiuta l’integrazione, conoscendo (e imparando a rispettare) anche le abitudini alimentari di chi viene da altre culture. Da sempre lo stare a tavola è un contributo alla crescita della civiltà. Nel loro piccolo anche le mense scolastiche lo sono.
Abbassa la dispersione scolastica. Ma c’è di più. Una grande organizzazione molto attiva nel combattere la dispersione scolastica, Save the Children, ha riunito per la prima volta i dati su dispersione scolastica, presenza della mensa e del tempo pieno a scuola. È emerso chiaramente un nesso fra i tre fenomeni: al crescere dell’offerta formativa (mensa e tempo pieno) decresce visibilmente la percentuale di dispersione scolastica. L’anno scorso le prime tre regioni con questo mix di fenomeni erano Puglia, Campania e Sicilia. In Puglia con un 53 percento di scuole senza mensa la dispersione ha toccato il 20 percnto dei ragazzi. In Veneto, all’opposto, ad un 31 percento di scuole senza servizio mensa, è corrisposto un tasso di dispersione del 10 percento.
Prezzi e fondi europei inutilizzati. La stessa organizzazione ha però sottolineato che esiste un fattore discriminante, ed è quello del prezzo. In Italia si va dagli 0,50 pagati da una famiglia a Potenza ai sette euro pagati a Palermo. C’è una proposta di legge che chiede di rendere la ristorazione scolastica un servizio che rientri nel livello essenziale delle prestazioni: la richiesta è quella di avere standard minimi uniformi per l’accesso e che nessun Comune escluda i bambini figli di famiglie morose. Quanto ai fondi, da Save the Children denunziano un paradosso: «Ci sono 77 milioni da fondi europei, fondi Fead, destinati al rafforzamento delle mense scolastiche Nell’anno scolastico 2015-16 non sono stati utilizzati, non s’è fatto nulla».