Amazon ora consegna monaci (a domicilio e a prezzi contenuti)
Immaginate di vivere in Giappone, di essere credenti, ma di non sapere proprio che monaco chiamare per officiare funerali, accogliere nuovi nati o benedire la vostra nuova azienda. Ebbene, ci pensa Obo-san bin (letteralmente, “Consegna del signor monaco”), un servizio creato nel 2013 da Minrevi, start up di Tokyo, e rilanciato attraverso Amazon ai fedeli dell’intero Sol Levante.
Come funziona il servizio. Un monaco buddista con consegna a domicilio costa 35mila yen (260 euro), spese di viaggio incluse. Vantaggioso, se si pensa che un funerale di livello medio officiato in un tempio di piccole dimensioni può costare anche fino a dieci volte tanto e comunque in media una cifra tripla rispetto a questa. La prenotazione è uguale a quella di qualsiasi altro prodotto Amazon: si sceglie la tariffa (la più alta, di 65mila yen, offre al defunto anche un nome buddista post-mortem) e il monaco poi giunge a casa. Ce ne sono almeno cinquecento disponibili, cento dei quali hanno firmato un contratto proprio nelle scorse settimane.
La situazione di templi e monaci. Perché i giapponesi ordinano un monaco online? E perché i monaci si rendono disponibili? Non è solo una questione economica. Infatti, se da una parte Akisato Saito, direttore dell’Associazione giapponese buddista, critica l’iniziativa («Una cosa del genere non avviene da nessun altra parte. Dobbiamo dire di essere scontenti del modo in cui Amazon tratta le religioni»), dall’altra Jumpei Masano, portavoce della Minrevi, si difende spiegando la situazione: «Moltissime persone non conoscono affatto i templi della loro zona e non hanno idea di come si organizzino i rituali buddisti. Allo stesso tempo, sono numerosissimi i monaci che non riescono più a sopravvivere legati ai luoghi di culto, sempre meno frequentati. Abbiamo messo insieme le due necessità e creato un buon servizio».
I monaci stanno dalla sua parte e addirittura sostengono che Obo-san bin, rispondendo a necessità reali di fede e opponendosi agli interessi di lucro dei templi, aiuti a preservare le tradizioni buddiste rendendole accessibili a milioni di persone, molte delle quali vivono ormai lontane dalla religione. Anche perché, come accade in tutto il resto del mondo, edifici e confraternite religiose ottengono anche sovvenzioni da parte dello stato e, per ogni funzione, donazioni da parte dei fedeli.
E Amazon, dal canto suo, si astiene dal prendere posizione. In una risposta scritta all’associazione buddista, ha semplicemente dichiarato che il suo intento era «offrire quante più informazioni possibili agli utenti così che potessero fare liberamente le loro scelte».
Un modello di gig economy. Di fatto, la possibilità di richiedere o offrire questo genere di prestazioni si inserisce nel sempre più diffuso fenomeno della gig economy, ovvero il modello in cui non esistono prestazioni lavorative continuative, ma chi chiede o garantisce servizio opera di fatto on demand, su esplicita richiesta. Esempi di gig economy sono ad esempio Uber, Airbnb, Etsy e – si noterà – tutti sono basati su una gestione di domanda e offerta tramite piattaforme online e app dedicate.
Una questione morale? Soltanto che qui non si tratta di una bene qualunque, ma di cerimonie religiose, perciò soggette a contrastanti giudizi etico-morali. Il fatto che richiederle su internet commissionandole a pagamento risulti essere più conveniente rispetto alla “libera” donazione al tempio dovrebbe comunque far riflettere. Così come il fatto che i fedeli non sentano più la necessità di aver costruito, magari negli anni, alcun legame con l’officiante, che non è dunque per loro guida spirituale della comunità cui appartengono. Niente di stupefacente, del resto: il Giappone, almeno in questo senso, non ci pare poi molto lontano dall’Italia. Allora chiediamoci: che direbbe Santa Romana Chiesa se la prossima proposta Amazon fosse un Obo-san bin per preti?