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Il film da vedere nel weekend Café Society, di nuovo Woody

Il film da vedere nel weekend Café Society, di nuovo Woody
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Regia: Woody Allen.
Cast: Jeannie Berlin, Steve Carell, Jesse Eisenberg, Blake Lively, Parker Posey, Kristen Stewart, Corey Stoll, Ken Stott, Anna Camp, Stephen Kunken, Sari Lennick, Paul Schneider.
Dove vederlo a Bergamo e provincia: qui.

 

Woody Allen compirà ottantun anni il prossimo primo dicembre. Non ci sarebbe molto di che stupirsi, se non fosse che Allen è ad oggi uno dei registi più prolifici della storia del cinema (dagli anni Sessanta fa almeno un film all’anno) ed è tutt’ora in attività. La sua fortunata carriera lo ha visto attraversare indenne varie decadi del cinema americano, dalle sregolatezze stilistiche della New Hollywood al reflusso degli anni Ottanta, fino al rinnovamento dei generi e al trionfo del cinema contemporaneo. La cosa veramente straordinaria è che in tutto questo i film di Allen sono sempre rimasti straordinariamente riconoscibili, costruiti in maniera personale e sempre intelligente. Certo, non sono mancati degli scivoloni negli ultimi anni, complice forse la stanchezza della formula, ma Allen riesce sempre a risollevarsi rinnovando il proprio patto cinematografico con lo spettatore. Lo conferma anche il recente Café Society, dove – dopo qualche film effettivamente meno riuscito – il regista torna a volare molto alto, con buona pace dei critici che lo ritengono ormai finito.

 

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Siamo a New York negli anni Trenta. Bobby abbandona il suo lavoro con il padre e parte per la California, dove inizia a lavorare come fattorino nell’agenzia dello zio, a stretto contatto con i divi del cinema. Bobby, straniato da questo nuovo ambiente, finisce per invaghirsi di Vonnie, segretaria dello zio (con il quale però intrattiene anche un altro genere di rapporti). Il loro è però un amore destinato a non sbocciare e Bobby, tornato a New York, si fa un nome e una carriera dirigendo il night club Café Society, fino al giorno in cui Vonnie busserà di nuovo alla sua porta.

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Fra i registi hollywoodiani forse solo Woody Allen è riuscito a raccontare il senso di una città. New York nei suoi film si trasfigura, si mostra allo spettatore in maniera sempre diversa eppure coerente con sé stessa: è, al contempo, la città delle mille possibilità e quella dei desideri infranti, una città poliedrica come le identità del personaggio-Woody, in questo newyorchese fino al midollo. Café Society è un film intelligente, che al tempo stesso riepiloga e rilancia molti dei temi cari al regista: oltre alla città ritroviamo il gusto vintage per il racconto del passato, i riferimenti al cinema e la crisi dell’uomo (contemporaneo). Uomini in crisi sono quelli di Allen e ne possiamo avere una conferma ripensando ad alcuni suoi film più celebri: soprattutto Harry a pezzi (dove l’uomo viene decostruito pezzo per pezzo e rinasce a nuova vita), ma anche Hollywood ending, Zelig e poi più indietro Prendi i soldi e scappa.

 

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Una simile attenzione rivolta ad unico personaggio (camaleontico, che di volta in volta si traveste, cambia nome e identità) è segno di un interesse profondo, che travalica il genere comico in cui spesso i film di Allen sono confinati. Neanche la scelta degli anni Trenta come sfondo narrativo, però, è casuale: in essi il regista riesce a mettere in risonanza la crisi individuale con quella collettiva, giocando come sempre con lo specchio del cinema. Così Café Society ci restituisce, dopo anni di parziale annebbiamento, l’inconfondibile cifra stilistica di un regista in grado di piegare a proprio piacimento il termometro emotivo del film, facendo risorgere quella commedia sofisticata che era uno dei generi di punta del cinema classico (proprio negli anni Trenta e Quaranta, non a caso).

Nel complesso, dunque, non solo un film di grande riuscita e tenuta narrativa, ma anche (soprattutto?) un testo utile per verificare la coerenza e l’intensità del percorso cinematografico di Allen, fatto di maschere che si rincorrono nel tempo e che si richiamano continuamente l’una con l’altra.

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