Prima la legge di bilancio

E adesso che cosa succede?

E adesso che cosa succede?
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Le dimissioni che Matteo Renzi ha annunciato alle 00.30 di lunedì 5 dicembre in una conferenza stampa di circa 10 minuti tenutasi poco dopo l'annuncio della vittoria del no al referendum sulla riforma costituzionale sono state congelate. Lo stesso 5 dicembre, infatti, dopo aver riunito il Consiglio dei ministri, il premier è salito al Quirinale per presentare le proprie dimissioni ufficiali al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Quest'ultimo, però, ha chiesto a Renzi di sospendere le dimissioni finché non verrà approvata la legge di bilancio, che al momento si trova in Senato.

Le conseguenze politiche. Lo scenario, ora, è ancora fumoso. Se da una parte è evidente che Renzi e la sua squadra resteranno al governo almeno fino a venerdì, quando si pensa che si potrebbe chiudere l'iter della legge di bilancio, allo stesso tempo è molto complicato avere certezze su quello che accadrà nel futuro prossimo. Dal punto di vista politico, Mattarella inizierà il prima possibile le consultazioni dei principali leader di partito e capigruppo per capire se in Parlamento esista una maggioranza di deputati e senatori interessata a sostenere un nuovo governo, ed eventualmente chi possa guidarlo. Se si trovasse unità di intenti intorno ad un nome, si potrebbe affidare a questo soggetto l'incarico di formare un nuovo governo, altrimenti il presidente della Repubblica si vedrà costretto a sciogliere le camere, porre fine alla legislatura e indire le elezioni anticipate. Nonostante nel suo discorso Renzi abbia affermato che ora la responsabilità politica passa in mano alle forze politiche che hanno sostenuto il no, è ancora il Partito Democratico ad avere la maggioranza assoluta in Camera e Senato e sarà dunque il Pd a decidere se sostenere o meno un altro governo. Un Renzi bis, checché ne dicano i complottisti, è da escludere. I nomi che circolano al momento sono sia politici (Dario Franceschini e Graziano Delrio) che tecnici (si parla molto dell'attuale ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan). Una volta indicato il nuovo premier, le strade sono due: o tentare di governare con l'appoggio del Parlamento, oppure scrivere una nuova legge elettorale per poter poi andare ad elezioni anticipate.

 

 

camera senato

A sinistra la camera (il giallo è il Pd), a destra il Senato (l'arancione è il Pd e il lilla Area Popolare).
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La questione della legge elettorale. È evidente, però, che al momento c'è un serio problema dovuto alla legge elettorale. Come sottolinea Il Post, ad ora in Italia sono in vigore due leggi diverse: una per la Camera e una per il Senato, che non è stato toccato dal referendum. Quella che vale per la Camera è l’Italicum, che Renzi si era comunque impegnato a cambiare nel caso di vittoria dei  e sul quale pende un imminente giudizio della Corte Costituzionale; quella che vale per il Senato è il cosiddetto Consultellum, cioè il Porcellum dopo che è stato modificato dalla Corte Costituzionale, che lo ha reso un proporzionale puro. Sono due leggi elettorali poco coerenti tra loro e che potrebbero portare a uno stallo: nessun partito con la maggioranza assoluta e necessità di formare una grande coalizione. L'ipotesi più logica, in questo senso, sarebbe dunque quella di tentare di trovare un accordo tra tutte le forze politiche in gioco per l'approvazione di una nuova legge elettorale che permetta a chi uscirà vincente dalle elezioni di governare senza dover per forza fare affidamento su altre forze politiche. Ma la strada è molto complicata: il leader di Area Popolare, Angelino Alfano, ha dichiarato che si aspetta di andare a votare già a febbraio; anche Matteo Salvini, della Lega, ha detto la stessa cosa. Il Movimento 5 Stelle, che ha sempre criticato con forza l'Italicum, ora chiede di estendere questa legge elettorale anche al Senato e andare a votare il prima possibile. Qualche indicazione in più la potremo forse avere il pomeriggio di mercoledì 7 dicembre, quando è prevista la riunione della direzione del Pd. In questa occasione si capirà anche se Renzi ha intenzione o meno di restare segretario del suo partito.

Le conseguenze economiche. Oltre alle conseguenze politiche, ora bisognerà anche capire quali potranno essere le conseguenze economiche del voto di domenica 4 dicembre. Sicuramente l'appuntamento più imminente ed importante è l'approvazione della legge di bilancio. Renzi, come richiestogli dal presidente Mattarella, resterà in carica fino ad approvazione avvenuta (dovrebbe accadere entro venerdì). La Camera al momento ha già approvato il testo e manca solo la seconda lettura al Senato. Bisogna capire se il Governo Renzi, a questo punto, intenda comunque modificare la legge durante la seconda lettura al Senato come aveva annunciato, inserendo alcuni emendamenti (come quello teso a limitare il numero di slot machine). Se ciò avvenisse, l'iter di approvazione si allungherebbe di conseguenza. Nel frattempo va detto che le Borse hanno reagito alla vittoria del no con minori tensioni rispetto a quelle che erano state prospettate dagli analisti. Il famigerato spread, che da diverse settimane era in ascesa, il 5 dicembre non ha subito grandi variazioni, sebbene la tendenza pare sia quella di continuare a salire, anche se non in modo preoccupante; l'euro, invece, dopo un'iniziale perdita rispetto al dollaro, ora pare aver assestato il proprio valore di cambio. A preoccupare realmente investitori ed economisti, piuttosto, è il destino delle otto banche italiane che si trovano in grosse difficoltà e che nei prossimi mesi dovranno procedere a fondamentali aumenti di capitale. Una previsione, oggi, delle conseguenze delle dimissioni di Renzi sul buon esito di queste operazioni è praticamente impossibile.

 

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