Un nobile sessantottino

Ritratto di Paolo Gentiloni Silverj Un «paravento che non fa ombra»

Ritratto di Paolo Gentiloni Silverj Un «paravento che non fa ombra»

Di Paolo Gentiloni Silverj, in queste ore, si stanno scrivendo pagine e pagine. Virtuali e non, in parte però anche storiche per il nostro Paese. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha scelto lui come traghettatore, come premier-Caronte verso gli inferi delle nuove elezioni (perché, viste le ultime campagne elettorali, giusto di inferi si può parlare). E lui, con il suo solito gergo politichese, ha accettato la sfida. Poteva forse non farlo? Certo che no. Del resto, Gentiloni è sempre stato un uomo alle spalle del potere, ma allo stesso tempo dentro di esso. Un «paravento che non fa ombra» lo ha laconicamente definito Rutelli, quel Rutelli che negli anni d’oro di Roma ebbe al suo fianco proprio Gentiloni, che poi però si schierò con il Pd (vedendoci lungo) invece che con i petali di una Margherita oramai appassita.

 

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In poche parole, Gentiloni è sempre stato al posto giusto al momento giusto. Sobrio, è riuscito ad essere un comunista al fianco dei lavoratori pur provenendo da famiglia nobile (conti, per la precisione). Un comunista col rolex, come cantano Fedez e J-Ax nella loro ultima hit. E poi cattolico, molto cattolico. Ambientalista e pacifista. Ma anche il ministro degli Esteri che, pochi mesi fa, non escluse un intervento militare in Libia. Un piede di qua e uno di là, sempre con la risposta (vacua) pronta alla più scomoda delle domande. C’è chi, nelle ultime ore, soprattutto sui giornali più vicini alla destra, lo ha maleducatamente definito «un cretino», ma in realtà Gentiloni è semplicemente un politico fatto e finito. Consapevole di non avere il carisma e la presa mediatica di molti suoi colleghi, ha sempre preferito lavorare dietro le quinte, conquistandosi spazi quasi per caso. La sua prima esperienza da ministro, alle Comunicazioni, non fu delle più felici. Eppure decise di lottare alle primarie del Pd per la corsa al posto di sindaco di Roma: finì terzo, dietro Marino, che poi vinse, e Sassoli. Una debacle che avrebbe cancellato chiunque, ma non lui. Qualche anno nell’ombra, poi la chiamata alla Farnesina, su indicazione (pare) dello stesso Giorgio Napolitano, che vide in lui il diplomatico perfetto. Di certo lo è tra le mura amiche, oltre le Alpi pare se ne siano accorti in pochi. Ma anche Mattarella ha scelto lui, addirittura per il ruolo di premier. Ad interim, certo, ma nessuno sa per quanto.

 

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C’è chi dice che Matteo Renzi abbia pressato perché fosse proprio Gentiloni il suo successore, pensando di poterlo manovrare a suo piacimento. Ma pur nei suoi tanti difetti politici, c’è un pregio che va ascritto a Gentiloni: la capacità di capire sempre, al momento giusto, quale sia la parte giusta con cui schierarsi. E se dovesse capire che Renzi non lo è più, c’è da scommettere che non si farà problemi a scegliere un’altra strada. Altro che burattino, insomma. Ora incontrerà tutti i partiti e presenterà a Mattarella la lista dei suoi ministri. Non ci sono date o scadenze, ma i tempi sono stretti: Gentiloni deve trasferirsi a Palazzo Chigi il prima possibile. E poi soltanto il tempo ci dirà se, per la prima volta in vita sua, avrà smesso i panni del paravento che non fa ombra.