Non chiamateli mai più vecchi I senior 2.0 sono energia pura

La carta di identità, talvolta, mente. Almeno riguardo all’età anagrafica dei senior 2.0: quelli moderni. Non più pantofolai, né rintanati in casa a fare la maglia o a giocare a carte, sono invece dinamici, amano viaggiare e praticare sport, nonostante qualche acciacco, condividendo il tempo con amici e rispettivi compagni di vita. Se non al pari delle persone di mezza età, poco ci manca. A tal punto che anche i giovani faticano a classificare gli over 60 in su come appartenenti alla fascia della terza età. È il profilo della popolazione d’argento emerso dall’indagine Un ritratto dei Nuovi Senior: generazioni a confronto, sviluppata dall’Osservatorio Senior.it e dal Laboratorio Trail dell’Università Cattolica, con il supporto di Yakult.
I risultati dello studio. Non dite loro che sono anziani. Almeno se rientrano nella fascia di età fra i 55 e i 74 anni, perché potrebbero arrabbiarsi. Lo attesta il campione di popolazione senior che ha partecipato, tra settembre 2015 e settembre 2016, all’indagine di un osservatorio dedicato a studiare le abitudini e comportamenti della popolazione più adulta, intenzionata a mettere in luce l’immagine che i senior hanno di loro stessi e l’eventuale distanza generazionale, almeno in termini di percezione, che li separa dai giovani. Prima regola: l’anzianità non è più uno status. Infatti, secondo l’indagine, solo poco più del 15 percento di uomini e quasi il 29 percento delle donne, appartenenti agli anni d’argento, si sentirebbe davvero in età, contro il 44 percento circa di uomini e il 38 percento di donne che degli anni che avanzano se ne farebbe un baffo.
Una nuova vecchiaia. La terza età è ancora da costruire. La società moderna, sempre più dinamica e in evoluzione, impone di vivere anche gli anni d’argento in maniera nuova, rivoluzionaria, rispetto al passato. Ovvero al momento non esisterebbero reali modelli o termini di paragoni con i quali raffrontare gli old senior degli anni precedenti, e i senior 2.0 che hanno comportamenti diversi rispetto anche a solo un decennio fa. Ecco perché, dicono gli esperti, gli ultrasessantenni e ultrasettantenni di oggi sarebbero degli esploratori con la libertà di descrivere il capitolo della loro vita d’argento ex novo.
Ma che cosa occorre per arrivare intelligentemente e con dinamismo a questo obiettivo? Reti relazionali, innanzitutto, che non consentano all’anziano di sentirsi solo e la capacità di guardare al futuro, anche se questo significasse fare progettualità a più corto termine, investendo prima di tutto sulle proprie risorse e poi su quanto possono offrire coloro con i quali si condividono tempo e giornate. In tutto questo, molto dipende anche dalla società che deve essere in grado di accompagnare gli anziani nella loro rivoluzione, valorizzando le potenzialità e la risorsa che essi possono rappresentare.
I senior sono young anche per i giovani. Ovvero, tra le due classi di popolazione non esisterebbe più un baratro generazionale o anagrafico. Infatti, sia per i giovani di 25-35enni ma anche per i nipoti tredicenni, la categoria dei 55-75enni non può più essere definita anziana, azzardandosi forse a considerarla tale quando si oltrepassano abbondantemente gli 80. Insomma anche i giovani avrebbero una percezione abbastanza vicina a come si sentono i moderni senior, nonostante il 65-74enne, con una media del 30 percento di uomini e il 40 percento di donne, pensi che gli altri possano vederlo o considerarlo più anziano di quanto in realtà non si senta.
La nota dolente. Allora non ci sarebbe alcun gap fra le nuove e le vecchie generazioni? No, esiste ed emergerebbe quando si parla di lavoro e carriera, dove gli anziani sono preoccupati per il futuro o la posizione professionale dei figli e ancor più dei nipoti e i giovani che vorrebbero scalzare i senior, rivendicando spazi che sentono ancora non appartenere loro, specie in una società in cui l’allungamento della vita media è una realtà, e dove i giovani si sentono in decisa minoranza.