La questione della maxi moschea ora finisce pure in tribunale
È un'onda lunga quella riguardante la frattura creatasi ormai più di un anno fa all'interno della comunità islamica bergamasca. Perché dopo gli scontri verbali, anche molto forti, e le proteste, con tanto di incendio in quel del Centro culturale di via Cenisio, ora si passa alle aule di Tribunale. Il pm Carmen Pugliese ha infatti emesso un decreto di citazione diretta a giudizio nei confronti di Imad El Joulani, il 57enne cardiologo giordano ex presidente del Centro di via Cenisio e unico indagato nella vicenda riguardante il cantiere in via San Fermo per la realizzazione di una maxi moschea.
[Imad El Joulani]
Più precisamente, nel dicembre 2015 le autorità avevano sequestrato il cantiere che El Joulani aveva aperto nello spazio della ex concessionaria Fiat grazie a un finanziamento di quattro milioni e novecentottanta mila euro versati dalla Qatar Charity Foundation. L'accusa spiega: «El Joulani, dopo aver ottenuto, a nome del predetto Centro (il Centro islamico di via Cenisio, ndr), una donazione di circa cinque milioni di euro dalla Qatar Charity Foundation (Qcf ), prospettando falsamente la realizzazione di un nuovo centro islamico in via Baioni (così inducendo in errore il donante), costituiva unitamente ai suoi familiari un’associazione denominata “Comunità islamica di Bergamo”. Quindi, a nome di Tecno Cib srl (società controllata dall’associazione sopra citata), procedeva all’acquisto di un terreno e di un capannone (quello in via San Fermo, ndr), utilizzando le somme di denaro nel frattempo erogate dalla fondazione, per il tramite di Ucoii (Unione comunità islamiche d’Italia, ndr), così procurandosi un ingiusto profitto in danno del predetto Centro culturale islamico cui le somme erano destinate».
[Il cantiere di via San Fermo]
In altre parole, secondo quanto ricostruito dalla Procura, El Joulani, sfruttando il proprio ruolo di ex presidente del Centro islamico di via Cenisio, si sarebbe fatto versare dal Qatar la consistente somma su un conto personale, dichiarando di voler (e soprattutto poter) costruire una moschea in via Baioni. In un colpo solo, dunque, il cardiologo giordano avrebbe "fregato" la comunità islamica locale, l'Ucoii (quindi l'ente che rappresenta tutti i musulmani d'Italia), la Qatar Charity Foundation e pure il Comune, visto che in via San Fermo non si poteva realizzare alcun centro islamico perché non c’era la destinazione d’uso né era mai stata concessa alcuna autorizzazione in tal senso, come ha spiegato a L'Eco di Bergamo l'assessore all’Innovazione con delega alla questione moschea, Giacomo Angeloni. Il reato contestato a El Joulani dal pm Pugliese è la truffa aggravata dal danno di rilevante entità. Nella relazione del magistrato, infatti, si legge che il 57enne «con artifizi e raggiri si procurava ingiusto profitto in danno del Centro culturale islamico». Il processo prenderà il via il 5 luglio prossimo. Come parti offese del procedimento ci sono sia il Centro islamico di via Cenisio che l'Ucoii, mentre il Comune valuterà soltanto dopo aver letto le carte se costituirsi parte civile o meno.
[Mohamed Saleh]
Se dunque, dal punto di vista processuale, la vicenda sembra essersi avviata verso una soluzione, qualsiasi essa sia, così non è invece per quanto riguarda i rapporti interni alla comunità islamica, ancora profondamente divisa. Da un lato ci sono i fedeli legati al Centro culturale di via Cenisio, che è stato riaperto e che prevede però la sottoscrizione di una tessera per poterci entrare, come espressamente voluto dal presidente Mohamed Saleh; dall'altra ci sono i membri del Comitato musulmani di Bergamo, vicini a El Joulani, che pregano in uno spazio comunale di Boccaleone ma che, a fine mese, potrebbero essere costretti a trovare un nuovo spazio se Palazzo Frizzoni non dovesse rinnovare l'accordo. Il dialogo tra le parti è praticamente inesistente e sullo sfondo resta il desiderio degli islamici di realizzare una nuova moschea in città. Lo ha detto chiaramente, qualche settimana fa, Saleh in un'intervista al Corriere della Sera, nella quale precisava anche di aver già in mano i fondi e di aver individuato delle aree in cui il luogo di culto sarebbe potuto nascere. A L'Eco, però, l'assessore Angeloni ha riferito di non sapere nulla di tutto questo: «Dobbiamo attenerci alle normative regionali e queste da un lato prevedono che le modifiche al Piano regolatore si possano fare solo dal 2018 in avanti, dall’altro che per la realizzazione di un centro islamico debba essere attuato il piano dei luoghi di culto, che necessita di unamodifica del piano regolatore e quindi non può essere effettuato - precisa Angeloni -. Lo abbiamo ribadito da tempo anche a Mohamed Saleh: non c’è alcuna ipotesi allo studio perché comunque non si potrebbe procedere». Nonostante questo, secondo il quotidiano locale, il Centro islamico di via Cenisio avrebbe già individuato tre luoghi dove potrebbe sorgere la nuova moschea: l’area dell’ex centro direzionale ad Azzano, gli spazi adibiti a magazzini alle spalle del Pacì Paciana a Grumello del Piano e l’area di Zanica del Centro Galassia. Insomma, la questione moschea pare tutt'altro che chiusa.