Ma la tarsia di Lotto è di Lotto?
Ma è davvero di Lotto la tarsia “riscoperta” che è al centro della mostra che l’Accademia Carrara sta dedicando in queste settimane al grande artista del Cinquecento? Qualche dubbio già serpeggiava, ma ora uno storico dell’arte dell’università Statale di Milano, Jacopo Stoppa, ha rotto gli indugi e, recensendo la mostra su Alias, l’inserto culturale domenicale de Il Manifesto, ha espresso le sue tantissime perplessità.
Riavvolgiamo il nastro di questa vicenda. Tra le opere più importanti che avevano contrassegnato la permanenza di Lotto a Bergamo ci fu senz’altro la committenza per conto dei consiglieri del Consorzio della Misericordia, a cui faceva capo la Basilica di Santa Maria Maggiore. Costoro infatti avevano deliberato nel 1522 la costruzione di un Coro, lavoro di grandi dimensioni e di grande impegno, attorno al quale giravano naturalmente dei bei soldi: è un ciclo eccezionale, che non ha pari al mondo per complessità, qualità e conservazione: 33 tarsie, con altrettanti coperchi, sempre a intarsio, per proteggerle.
Lotto, qualche anno prima, lavorando alla grande pala di san Bartolomeo, aveva conosciuto un geniale intarsiatore, Giovanni Francesco Capoferri, impegnato per il coro della chiesa dei domenicani (che non è l’attuale, ma che era a Bergamo Alta). Per questo, saputa l’intenzione degli amministratori di Santa Maria Maggiore, gli aveva proposto di mettersi in società per partecipare a quel “concorso”. Il testo richiesto era la realizzazione di una tarsia: Lotto e Capoferri si presentarono con un'Annunciazione che convinse subito i consiglieri, che assegnarono a loro la committenza.
La mostra della Carrara ora rimescola un po’ le carte attribuendo alla coppia Capoferri-Lotto anche questa tarsia raffigurante la Creazione ritrovata da Matteo Ceriana, storico dell’arte, che l'ha scovata camuffata dentro una cornice novecentesca, nelle raccolte del Pio Collegio Colleoni. Ceriana e i curatori della mostra, Emanuela Zaffra e Paolo Plebani, dopo un esame dell’opera hanno stabilito che vada messa in stretta in relazione con i capolavori di Lotto a Santa Maria Maggiore. Secondo i curatori si tratterebbe del lavoro fatto come bozza per convincere i fabbricieri di Santa Maria Maggiore. Ma come prova le fonti non dicono che venne realizzata la tarsia dell’Annunciazione. La Creazione tra l’altro è una delle scene comprese nel ciclo. «Perché allora», si chiede lo studioso, «fare due scene uguali e non riadattare quella già fatta visto il costo e l’impegno per realizzarla?». Che ci fosse una preoccupazione a risparmiare da parte di Lotto lo dimostra il fatto che abbia incluso nel ciclo una scena che era già stata realizzata da un altro artista (Amasa ucciso da Joab).
Ma la contestazione più pesante è quella che riguarda lo studio dei materiali con cui la scena riscoperta è stata realizzata. Scrive Jacopo Stoppa: «Nella Creazione in questione si registra l’impiego di materiali in voga solo a partire dall’ultimo quarto del Settecento (in particolare il mogano rosso e cangiante, utilizzato per il leone)». E chiama i “dendrologi” a dire la loro. Lo studioso spiega che tra fine Settecento e inizio Ottocento fosse pratica comune quella di realizzare «tarsie alla rinascimentale», com’era accaduto nella “nuova” chiesa di San Bartolomeo rifatta sul Sentierone. Insomma il Lotto riscoperto potrebbe essere in realtà una bella replica neoclassica. Forse sarebbe stato più prudente mettere un punto interrogativo vicino al nome Lotto.