La rottamazione è finita

Dopo l'Assemblea Nazionale del PD

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Il più lucido di tutti domenica in assemblea è stato Dario Franceschini. Questo il succo del suo intervento: la scissione è un festival delle illusioni, per chi resta e anche per chi va.

La (vecchia) sinistra che se ne va. Cominciamo da questi ultimi: le truppe guidate da Enrico Rossi, governatore della Toscana, da Roberto Speranza capogruppo pd alla Camera e da un ondivago Michele Emiliano, governatore della Puglia, uscendo a sinistra sono convinte da andare a intercettare un elettorato che la sinistra ha perso con la linea moderata e centrista di Matteo Renzi. Ma, ha detto loro Franceschini, questa è un’illusione: è un’illusione immaginare che una sinistra di stampo piuttosto vecchio (vedi l’anagrafe di D’Alema e Bersani) e anche centralista e statalista (vedi Enrico Rossi) sia in grado di fare breccia nelle periferie. Quello ormai è territorio di conquista dei 5stelle e ci vuol bene altro per scalfire la loro presa su quell’elettorato.

 

 

La rottamazione superata. La seconda illusione è quella di Matteo Renzi. Il suo schema è chiaro: la scissione del Pd nella sua visione è l’ultimo atto del processo di rottamazione del vecchio sistema. Il Pd vecchio stampo era l’ultima “scoria” del sistema e quindi liberare il partito dai residui degli apparati è un passo in avanti e non una sconfitta. In realtà anche la “rottamazione” è un’istanza che da tempo ha perso la sua carica di novità. E quella di Renzi appare come un’operazione dettata da un rancore e non dallo slancio di chi vuole mettere sottosopra il tavolo da gioco. Insomma ha l’aria di un regolamento dei conti per il “tradimento” al referendum del 4 dicembre.

La nuova mappa politica italiana. Ora che gli spazi per le mediazioni sembrano tutti saltati e che una certa confusione sembra dominare il cervello di renziani e oppositori, è tempo di provare a ridisegnare quella che sarà la mappa politica dell’Italia che verrà. Ed è una mappa che vede sinistra e destra alle corde (è significativa la preoccupazione espressa da Berlusconi e da Confalonieri riguardo alla scissione). L’ipotesi di un governo alla tedesca, una “grosse koalition”, con sinistra e destra (senza Lega) alleati per una legislatura di emergenza e di riforme, va in frantumi. Il Pd trasformato in monolite renziano perde d’acchito circa il 6 per cento dei voti e nelle proiezioni vede da molto lontano i 5Stelle. Renzi, figlio del maggioritario, verrà mangiato proprio da quel sistema elettorale.

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Oltretutto si apriranno anche problemi per il governo in quanto la minoranza che pur assicurerà l’appoggio a Gentiloni contra il 40 e i 47 deputati e su 20 senatori: quindi c’è da presumere che farà sentire la sua voce, facendo aumentare il tasso di litigiosità e facendo calare ulteriormente i consensi delle forze politiche coinvolte.

E Beppe Grillo ringrazia. Chi se la gode è ovviamente Beppe Grillo che a questo punto, nonostante i tanti problemi che si è trovato a gestire con la giunta romana, si trova un’autostrada libera davanti. Per quanto riguarda la Camera, con il voto giovanile tutto dalla sua, ha già la maggioranza in tasca. Per il Senato, dove potrebbe avere qualche problema in più, c’è da scommettere che troverà in Salvini, in completa rotta con Berlusconi, un alleato corsaro ma tutto sommato molto omogeneo in quanto a populismo.

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