L'uomo Prandelli, scuola Favini
Due anni fa, prima di volare all'Europeo, Cesare Prandelli si presentò a Zingonia. Aveva la barba, come ogni tanto decide di portare per vezzo e la sua foto assieme a Mino Favini fece il giro del web e dei giornali. I quali scoprirono quanto importante per l'allenatore della Nazionale, fosse quel signore, allora settantaseienne, ritratto al fianco dell'allenatore dell'Italia.
Perché Favini non è solo il più grande talent scout del calcio italiano, tanto che la prima cosa che fece Percassi fu confermarlo alla guida della miniera d'oro chiamata vivaio.
Favini è prima di tutto un costruttore di uomini e poi di tecnici e di giocatori. Prandelli si è formato alla sua scuola e coltiva la virtù della gratitudine. Tant'è vero che invitò Favini alla finale europea di Kiev e, non succede, ma se succede, è pronto a portarlo a Rio, addì 13 luglio, stadio Maracanà, finale mondiale.
La vittoria di Manaus sull'Inghilterra, in condizioni climatiche spaventose, con una temperatura e un'umidità che avrebbero schiantato un elefante, è stata prima di tutto la vittoria della coerenza di un ct impermeabile alle critiche, inattaccabile dai gufi, resistente alle cassandre e alle prefiche.
Siamo solo all'inizio del cammino, ma è stata un grande impresa battere gli inglesi dopo avere perso Montolivo, De Sciglio, Buffon, con nove debuttanti assoluti in un mondiale, Chiellini terzino, Paletta che ci ha fatto morire e Balotelli, decisivo al momento giusto.
Già, Balotelli.
Prandelli l'ha sempre difeso, sostenuto, rincuorato, coccolato, incoraggiato, contro tutto e contro tutti. Prandelli ha imparato alla scuola di Favini come si educa un giovane calciatore a diventare un grande calciatore, ma prima di tutto, a diventare un uomo. Ecco perché, questo ct è molto atalantino dentro. E Favini ha molti buoni motivi per esserne orgoglioso.