Passo avanti per le indagini

Trovato un Dna sul volto di Daniela La svolta dell’omicidio di Colognola

Trovato un Dna sul volto di Daniela La svolta dell’omicidio di Colognola
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Su una guancia e su un dito di Daniela Roveri, la manager di 48 anni uccisa lo scorso 20 dicembre nell’ingresso del suo palazzo in via Keplero 11, a Colognola, è stato trovato del Dna. Maschile, perché le tracce genetiche contengono cromosoma Y. L’attesa svolta nelle indagini è arrivata, dunque. La posizione di quel Dna, in particolare, è giudicata interessante dagli investigatori: combacia con la ricostruzione ipotetica della dinamica dell’omicidio, cioè un’aggressione alle spalle con coltellata letale alla gola. Nessuno ha sentito urlare Daniela, tra l’altro, il che fa presumere che l’omicida le abbia tappato la bocca con la mano. Il fatto che la traccia sul volto non sia lontano dalle labbra della vittima fa presumere che provenga dalle dita dell’aggressore. E l’altra traccia sul dito collima con l’alta eventualità di un abbozzo di reazione da parte della manager: si è anche ferita alla mano, nel tentativo – sempre nel campo delle probabilità - della donna di afferrare e bloccare la lama prima che le recidesse la carotide.

 

 

Comparazioni senza risultato. La notizia del Dna ritrovato è trapelata ora, ma «le due tracce genetiche – scrive L’Eco di Bergamo - si trovano al Gabinetto regionale di polizia scientifica di Torino e sono già state utilizzate per centinaia di comparazioni, che finora non hanno però prodotto il “match”, ovvero la congruenza tra campioni. Si tratta di un Dna parziale, nel quale è stato individuato il cromosoma Y, relativo alla linea paterna. Un po’ come quello di Ignoto 1 repertato sugli indumenti di Yara Gambirasio che aveva poi permesso di portare a Massimo Bossetti, condannato in primo grado all’ergastolo». I pm Davide Palmieri e Fabrizio Gaverini e la squadra mobile non possono però contare su altri elementi: sotto le unghie non è stato possibile estrapolare alcunché di significativo; nulla neppure dai capelli e da altri reperti piliferi che Daniela stringeva in una mano: spezzati, erano privi di bulbo, quindi non identificabili.

Il movente resta oscuro. La pista passionale è la prima che è stata presa in considerazione: ma la scarsa espansività della vittima e l’alibi di ferro dell’unico partner hanno portato a un repentino accantonamento. L’ipotesi della rapina non convince: perché per rubare una borsetta e un cellulare qualcuno si sarebbe accanito in quel modo su di lei? A meno che Daniela Roveri, confidando nei suoi lunghi allenamenti in palestra, non abbia reagito innescando la reazione rabbiosa di chi l’ha poi uccisa. «Ci si è poi concentrati sul vicinato – scrive ancora L’Eco -, a caccia di un possibile psicotico che da uno screzio, magari un parcheggio inconsapevolmente rubato sotto casa, potesse aver covato risentimento e architettato l’omicidio. Ma nulla pure qui, nonostante siano stati interrogati e sottoposti a prelievo salivare (comparato con il profilo genetico ignoto) più di 200 inquilini del palazzo dove la manager abitava con la madre e dei condomìni circostanti». C’è un mistero legato ai risparmi prosciugati, però. Conduceva una vita agiata, Daniela, grazie allo stipendio da dirigente dell’ufficio contabilità alla Icra Italia di San Paolo d’Argon. Non aveva figli. Viaggiava spesso con la madre e vestiva firmato. Risparmiava, anche. Ma negli ultimi tempi il suo conto corrente ha fatto registrare flessioni sospette: il saldo è passato da 100mila euro a 20mila in pochi mesi. Malattie e gioco d’azzardo non convincono. Un prestito a un conoscente, forse, con la possibilità che il debitore abbia pensato di eliminarla affidandosi a un sicario. Ma nell’estratto conto risultano prelievi dilazionati nel tempo, non con frequenza o entità sospetta. Insomma, gli indizi sono pochi e confusi. A parte una doppia elica che gira su cui gira un codice genetico. Parziale, però.

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