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Il film da vedere nel weekend 47 metri, orrore dal profondo

Il film da vedere nel weekend 47 metri, orrore dal profondo
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Regia: Johannes Roberts.
Con: Mandy Moore, Claire Holt, Matthew Modine, Santiago Segura, Yani Gellman, Chris J. Johnson, Axel Mansilla.
Dove vederlo a Bergamo e provincia: qui.

 

Uno dei grandi meriti di Steven Spielberg e del film Lo squalo è quello di aver dato origine a un intero filone cinematografico. Un sotto-genere a metà fra thriller e horror che, per quanto spesso ripetitivo e senza dubbio poco incline a variazioni e mediamente mediocre, ha avuto una certa fortuna di pubblico e ha segnato l’immaginario collettivo in più di un senso. Negli ultimi anni, non senza una certa sorpresa, si è assistito a un ritorno dei cosiddetti shark movies, complice anche il cambiamento di alcune dinamiche narrative e il nuovo protagonismo assunto dalle tecnologie di computer grafica. Il risultato, di norma, è che il mostro è molto più inquietante che in passato, ma bisogna riconoscere che a perdersi – in questa nuova ondata – è soprattutto il desiderio di approfondire la psicologia dei personaggi e le loro storie, che diventano poco più di un pretesto per il dispiegarsi della carneficina.

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Johannes Roberts torna ad interpretare il genere con 47 metri, che arriva in sala in questi giorni. La vicenda del film ruota attorno a due figure femminili (come spesso accade nel genere). Kate e Lisa decidono di prendersi una vacanza in un paradiso balenare messicano, anche per far sì che Lisa possa riprendersi dopo essere stata piantata dal proprio fidanzato. Per migliorare il pessimo umore della sorella, Kate asseconda la proposta di due giovani messicani che le invitano a provare l’ebbrezza di un'immersione in una gabbia fra gli squali. Cosa c’è di meglio per Lisa che provare un’esperienza del genere, visto che il suo (ormai ex) ragazzo l’ha lasciata proprio perché poco avventurosa? Non serve dire che l’escursione non andrà per il verso giusto: a 47 metri di profondità, circondate dagli squali e con poco ossigeno a disposizione, le due dovranno lottare per sopravvivere.

Come abbiamo anticipato, ciò che maggiormente funzionava ne Lo squalo era soprattutto l’aver inserito la vicenda (già abbastanza banale) di un attacco di squali nel contesto di una comunità assolutamente ben rappresentata. 47 metri non emula l’insegnamento del film spielbergeano, ma lo reinterpreta mantenendo fede allo spirito che lo aveva a suo tempo animato. Anche qui, infatti, non è solo agli squali che è data attenzione: le vicende umane delle due protagoniste sono infatti al centro della scena e non recedono assolutamente mai dall’essere il principale focus narrativo.

 

 

A questa scelta felice si aggiunge poi la decisione (piuttosto atipica per il genere) di immergere fisicamente le vittime nell’ambiente degli squali e non di lasciarle al di sopra del pelo dell’acqua, magari a bordo di una imbarcazione. Ciò comporta in generale un rinnovamento del ritmo narrativo e un costante ricorso ad una tensione molto ben strutturata e continua. 47 metri risulta particolarmente efficace soprattutto nei momenti in cui fonde la claustrofobia dell’ambiente della gabbia con il terrore di ritrovarsi in uno spazio aperto ed amorfo, senza confini né dimensione.

Per tutti questi motivi il film di Roberts appare come un caso più unico che raro nel contesto di un cinema apertamente di consumo come quello dei film di squali. L’attenzione costante all’aspetto umano e la grande capacità di costruire una narrazione solida ne fanno un film assolutamente consigliato, un thriller dalla grande capacità di avvincere.

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