La storia della fine di una leggenda

Taprobana, l'isola che non c'era

Taprobana, l'isola che non c'era
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La sua esistenza è ammantata da un’aura di leggenda e di storia, un fascino unico e tutto suo che l’hanno resa, negli anni, un luogo mitico e quasi onirico. Taprobana, in realtà, non è altro che un piccolo ammasso di scogli, piante e fiori esotici, un’isoletta di novanta metri di diametro e così vicino alla costa dello Sri Lanka che la si può raggiungere camminando qualche metro nell’Oceano Indiano. Ma, come è noto, a creare i miti sono spesso le parole più che i fatti. Il primo a parlare di Taprobana fu Megastene, geografo greco, attorno al 290 avanti Cristo. Nella sua grande opera sul mondo indiano, Indica, Megastene narrava di un’isola favolosa, popolata di elefanti e ricoperta di meravigliosa flora. Strabone, nella sua Geografia, localizza Taprobana in un non meglio precisato punto dell’Oceano Indiano. Plinio il Vecchio, agli inizi del I secolo dopo Cristo, raccontò di una leggendaria spedizione del mercante Annio Plocamo in quella terra lontana. Più tardi furono Tolomeo, Camoes e Cervantes: tutti la conoscevano, ne decantavano le lodi, la sognavano, ma nessuno l’aveva mai vista. Per alcuni era l’attuale Serendib, per altri Ceylon, per altri ancora lo Sri Lanka. Era talmente perfetta, l’immagine di quest’isola, che il frate domenicano (poi filosofo, teologo e per alcuni eretico) Tommaso Campanella la scelse come perfetto palcoscenico della sua Città del Sole, il luogo in cui «determinarono d’incominciare una vita filosofica, e quantunque nel loro paese nativo non sia in comune la comunità delle donne, essi pure l’adottarono». Ahinoi, ogni leggenda che nasce dall’ignoranza ha prima o poi una sua fine e quella di Taprobana è oggi solamente il residuo di un tempo che fu. Questo piccolo scoglio, abbellito da piante e circondato da un mare paradisiaco, non è altro che un hotel superlusso da 2 mila dollari a notte.

 

Un mappa tolemaica di Toprabana

Una mappa tolemaica del XII sec. raffigurante l'isola di Tropabana

 

Rifugio di conti, scrittori e principi. Taprobana, finalmente divenuta nota alla topografia mondiale, iniziò a ripulirsi dalla sua aura mitica solamente nel 1925, quando il conte de Mouny, Nato in Francia nel 1866, decise di acquistare l’isoletta. Al suo centro costruì una fantastica villa, a pianta ottagonale, adornata da un coloratissimo giardino all’italiana. Non grande lavoratore, de Mouny dedicò la sua intera esistenza “all’estetica” (così diceva), passando i momenti liberi tra ricevimenti di maragià, principi e nobili. Nel 1941 morì e l’intera isola venne messa all’asta. I nuovi proprietari non ci andarono mai e la diedero in affitto a Mervyn Ondaatje, sconosciuto ai più ma padre di Michael, autore di quel capolavoro che è Il paziente inglese. Nel 1951, Taprobane assunse nuova vita: ad acquistarla fu Paul Bowles, scrittore e compositore nato a New York nel 1910. Si era innamorato di quell’isola durante un viaggio a Ceylon e il sogno era renderla il suo rifugio d’amore con l’amata moglie Jane, ma il piano fallì. Quando Jane arrivò a Taprobana, in una notte calma e afosa, fu accolta da uno stormo di pipistrelli giganti turbinanti per le stanze della casa: non fu mai amore.

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Paul Bowles

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Paul Bowles nella sua casa

"Sooner or later one comes to this."
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Paul Bowles

Paul Bowles e la moglie Jane
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Paul Bowles con la moglie Jane

Bowles, dal canto suo, adorava quel luogo di pace, anche se la pace era solamente un’impressione. Gli abitanti locali erano affascinati dal loro nuovo vicino e iniziarono a fargli cortesemente visita. I primi furono quelli dell’ufficio locale: si presentarono in massa per dargli il benvenuto. Toccò poi alla polizia, seguita dai reporter locali, dai monaci buddisti e dalla delegazione musulmana. Seppur onorato, Bowles non ce la faceva più e mise un grande cartello in cui, in inglese, singalese, arabo e tamil, precisava che le visite erano ben accette ma solamente su appuntamento. In quella casa nacque il suo romanzo più noto, La casa del ragno, e furono graditi ospiti l’amica Peggy Guggenheim e lo scrittore fantascientifico Arthur C. Clarke (2001: Odissea nello spazio vi dice nulla?). Purtroppo, nel 1956, Bowles dovette cedere l’isola perché troppo costosa. Taprobana divenne così, in stretto ordine cronologico, di proprietà dello scrittore irlandese Shaun Mandy, successivamente del politico Edmund Frederick Lorenza da Silva e infine del principe Stanislaus Klossowski de Rola, amico di Beatles, Rolling Stones e Pink Floyd. Come si può intuire dalla sue amicizie “movimentate”, la sua permanenza a Taprobana non durò molto.

 

Tapobrane Islan Hotel

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Veranda esterna

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Una delle stanze delle suite

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La vista della struttura dalla costa

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Piscina sull Oceano Indiano

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Stanza principale di una suite

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Albergo visto dalla costa

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Piscina

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Sala da pranzo esterna

La fine della leggenda. Un’isola che ha una storia così tanto particolare, che ha avuto proprietari così tanto particolari, non poteva restare ancora a lungo lontano dalla longa manu di qualche imprenditore senza scrupoli. Per Taprobana, la leggenda ebbe definitivamente fine nel 1995, quando la comprò l’attuale proprietario, Geoffrey Dobbs. Australiano, imprenditore alberghiero, Dobbs intuì immediatamente l’enorme potenziale di questa piccola isola e decise che sarebbe diventata la location perfetta per il suo hotel superlusso. Un albergo con cinque suite, in cui pernottare alla modica cifra di 2 mila e 200 dollari a notte. Non poteva mancare la piscina, modesta imitazione delle fantastiche acque indiane che bagnano la costa, distanti appena pochi metri. Per rendere onore alla storia di Taprobana, Dobbs decise anche di istituire il Galle Literary Festival, festival letterario a cui, negli anni, hanno partecipato autori come Susan Minot, Tom Stoppard e Ingo Schulze. Un hotel da sogno, ma che, paradossalmente, ha portato via con la sua costruzione tutto ciò che un sogno era veramente stato. Un’isola che non c’era, che viveva nel mito del suo mistero e dei suoi proprietari, e oggi emblema del lusso capitalistico. E dire che Taprobana fu la Città del Sole, palcoscenico del primo comunismo filosofico.

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