Forza Italia sta tornando, vedrete
Il Pd amministra, la Lega fa opposizione, il Movimento 5 Stelle prende forma. E Forza Italia? «Ci siamo. Senza troppo clamore, ma ci siamo». Paolo Franco non ha un compito facile. Da quando è stato nominato all’unanimità, nel gennaio 2016, segretario provinciale degli azzurri, è consapevole dell’ostico compito che lo aspetta: ricostruire la presenza di un partito su un territorio storicamente di centrodestra, ma sul quale Forza Italia non ha mai investito grandi forze ed energie.
E così la domanda sorge spontanea: qual è lo stato di salute degli azzurri in Bergamasca?
«È buono. Stiamo coinvolgendo gente appassionata, impegnata nelle istituzioni locali, desiderosa di fare sistema».
Dov’eravate spariti?
«Non eravamo spariti. Solo che Forza Italia, più che un partito, è sempre stato un movimento costruito attorno a un leader, Silvio Berlusconi. In questi casi, se crolla il leader crolla il movimento: è un nulla passare dal trenta per cento allo zero. Fortunatamente a noi non è successo. Berlusconi resta, ma non è eterno e il lavoro che dobbiamo fare è ancora lungo».
Quanto siete cambiati rispetto a dieci anni fa?
«Una volta eravamo fortissimi nei grandi centri e deboli sul territorio. Oggi abbiamo meno peso a livello nazionale o regionale ma conosciamo meglio i nostri elettori. Quando eravamo al trenta per cento conoscevamo il cinque per cento dell’elettorato; oggi che siamo al quindici, conosciamo praticamente tutti perché ci dobbiamo confrontare con loro per necessità».
A quanto è Forza Italia a Bergamo?
«All’ultima tornata eravamo al sedici per cento. Ora l’obiettivo è il venti. Come minimo».
Pensate di farcela?
«Siamo in una prospettiva di crescita. Ma è una crescita sudata: non possiamo più solo vivere di leadership, dobbiamo puntare sulle idee».
E sulle alleanze.
«Lo abbiamo sempre fatto, vedendo però Forza Italia come fulcro».
C’è un riavvicinamento alla Lega, sul piano locale?
«La lista che abbiamo presentato l’anno scorso alle provinciali, in realtà, guardava molto di più al centro. Ma con la Lega ci confrontiamo. E non dimentichiamo che Bergamo è da sempre un laboratorio politico con riflessi nazionali».
Paolo Franco e Giacomo Stucchi
Non è che avete bisogno di loro anche perché a voi manca un leader, qui a Bergamo? Dietro a lei e ad Alessandro Sorte non pare che ci sia molto...
«La sua sia è un’impressione legittima, ma figlia più di una pecca comunicativa che della realtà. Posso garantire che Forza Italia ha una vitalità nuova. Ci riuniamo ogni dieci, quindici giorni. A Bergamo città forse stiamo pagando l’inesperienza dell’essere in minoranza. Ma in generale posso assicurare che non siamo affatto solo io e Alessandro».
In questo cantiere aperto, c’è spazio per dei ritorni?
«Io non chiudo porte, ma chi è uscito e vuole rientrare deve sapere che tocca stare dietro a chi è già dentro».
Anche chi porta voti?
«Non dimentico qual è il mio obiettivo da segretario: il consenso. Se qualcuno vuole rientrare e dimostra di avere un consenso, avrà le stesse opportunità di chi è già dentro e ha consenso. Ogni situazione va pesata, ma bisogna tenere un equilibrio».
In questo equilibrio, avete già trovato i nomi per la Regione?
«Niente di certo, vogliamo dare pari opportunità a tutto il territorio. L’uscente (Alessandro Sorte, ndr) chiaramente è favorito, ma poi ci sono tutti gli altri. È una scelta: invece che calare i nomi dall’alto, come è sempre accaduto in Forza Italia, abbiamo chiesto ai territori di portarci delle candidature. Sara Riva (sindaco di Gromo), Antonella Luzzana (vicesindaco di Clusone), Paolo Dolci (sindaco di Sant'Omobono), Jonathan Lobati (sindaco di Lenna), Alessandra Ghilardi (sindaco di Morengo). Ci piacerebbero anche Beatrice Bolandrini di Brignano e Adriana Bellini di Credaro. Praticamente le stiamo corteggiando. Sono tanti. I nostri amministratori fanno politica per passione, nessuno lo fa di professione come invece accade in altri partiti».
Frecciatina alla Lega?
«Se entri nel panorama politico combattendo la burocrazia, gli sprechi, tutto ciò che è Stato, e poi ti inventi i sindaci di professione, non sei proprio coerente».
E Gori?
«Non sono di Bergamo, non mi esprimo. Posso dire che se fossi stato il sindaco non mi sarei candidato alla Regione, avrei portato a termine il mandato degli elettori».
Ma si sarà fatto un’idea su di lui.
«A me dispiace che con Gori sia tramontata l’idea della Grande Bergamo. La città si sta facendo sempre meno carico dell’hinterland. In quest’ottica, la politica di Gori è un fallimento. La sua innegabile personalità ha annullato il dialogo territoriale. Basta vedere come è stata gestita la questione delle rotte aeree. È un tema complicato, ma da un uomo di comunicazione mi aspettavo tutt’altro atteggiamento. In ogni caso, saranno i cittadini a parlare. Ovviamente spero che alle prossime comunali vinca il nostro candidato».
C’è già?
«No, ma sarà un candidato di coalizione. Quindi se avanziamo un nome dobbiamo essere certi della sua forza. Se uno dei consiglieri comunali di Forza Italia (Alessandra Gallone, Tommaso D’Aloia, Gianfranco Ceci e Stefano Benigni, ndr) dovesse ambire a questo ruolo, dunque, è il caso che si candidi alle regionali».
Perché?
«Perché così vediamo quanto consenso ha. Come ho detto, in città stiamo facendo fatica, non siamo abituati a stare in minoranza. È un ruolo complicato, ma ciò non ci esime dal farci sentire. Dobbiamo tornare nei quartieri, farci vedere, portare le nostre idee. Ripeto: consenso. In Regione ci sono ancora le preferenze e se raccogli un bel po’di voti in città, poi anche nella coalizione noi abbiamo più peso».
Chi vincerà le regionali?
«Maroni, senza dubbio. Ma Gori non va sottovalutato e sarà fondamentale la partecipazione al referendum del 22 ottobre. Dovremo portare più di tre milioni di persone alle urne».
Nonostante sia un referendum inutile?
(Ride, ndr) «Lo pensavo anch’io, invece sbagliavo. È una rivendicazione economica importante, ma soprattutto ci permetterebbe di andare a Roma a fare delle richieste con alle spalle un consenso popolare che non può essere snobbato. L’unico altro metodo sarebbe puntare alla secessione, ma non è nella mia visione delle cose».
Non basterebbe avere una leadership forte?
«Più forte di quella di Formigoni? Lui ci ha provato e non ce l’ha fatta».
E fu proprio la Lega ad opporsi a quel progetto.
«All’epoca la Lega era ancora fissata con l’idea della secessione. Oggi invece hanno capito che questa è l’unica strada possibile all’interno delle istituzioni».
Insomma, vincete voi.
«Certo».
Prossimi appuntamenti?
«Il 14 dicembre ci sarà una grande cena, qui a Bergamo, per 650 persone. Prima, il 20 ottobre, ce ne sarà un’altra più “inti19ma” in Fiera Nuova. E abbiamo invitato anche Berlusconi. I partecipanti, in entrambi i casi, pagheranno ognuno per sé».