Dopo l’eliminazione dalla corsa mondiale, tutto il mondo del pallone parla di ripartire dai giovani. Riempirsi la bocca di luoghi comuni, quando si è toccato il fondo, è facilissimo. Noi abbiamo deciso di chiedere come si può fare a uno che nella vita ha fatto miracoli, lavorando con i ragazzi. Mino Favini, ex responsabile del settore giovanile atalantino, ha visto la Nazionale e ha risposto volentieri al nostro appello: la sua ricetta, probabilmente, è ancora quella giusta.
Mino Favini, l’Italia è fuori dal Mondiale…
«Qualche sospetto l’avevo, pensavo però che avremmo superato lo stesso l’ostacolo pur con qualche difficoltà e invece siamo finiti dentro un burrone veramente incredibile. La situazione è davvero assurda».
Di chi è la colpa?
«Non si può dare la colpa solo al tecnico Ventura, le responsabilità va condivisa a tutti i livelli. È una sconfitta del movimento, non può l’allenatore incidere in modo così negativo. Ci sono tanti concetti discutibili, visioni del calcio in particolare a livello giovanile che hanno portato ad avere grandi difficoltà e pochissimi istruttori di livello che siano veramente in gamba. Le conseguenze le vediamo tutte, è successo qualcosa che, sportivamente parlando, è drammatico».
Come si riparte?
«È fondamentale farlo con giudizio, mettendo gente competente dove davvero serve. Ho paura che istruttori e preparatori siano stati un po’ trascurati nelle scorse stagioni e quindi adesso il lavoro da fare è ancora più duro. Non serve parlare molto, bisogna tirarsi su le maniche e mettersi al l’opera ripartendo da capo».
Cosa si deve fare, in concreto, con i giovani?
«Non è un problema di campionati o di formule da trovare per farli giocare, quello che conta sono le capacità di chi va in campo a insegnare calcio ai ragazzi. Servono istruttori, si deve partire dalla tecnica di base e pian piano cercare di raggiungere un buon risultato. Serviranno anni, ma prima di…»