La Consulta e il Csm, spiegati
In Parlamento è tempo di votazioni. Bisogna, infatti, completare le squadre della Corte Costituzionale e del Consiglio superiore della magistratura (Csm). In particolare, servono due giudici della Corte ed otto membri del Csm per sostituire i componenti “scaduti” rispettivamente a giugno e a luglio scorsi. Le Camere, però, faticano a portare a termine il compito. Ad oggi, infatti, sono stati eletti solo tre degli otto membri mancanti al Csm. Fumata nera, invece, per tutti gli altri. Il Parlamento italiano non riesce ad accordarsi, nulla di nuovo. Figuriamoci, poi, quando si tratta di nominare i membri di due istituzioni così importanti e strategiche del nostro Paese.
Cosa sta succedendo con le nomine. Come detto, ad oggi le Camere non hanno ancora terminato le nomine. Difatti, per raggiungere le elevate maggioranze richieste dalla legge (il “quorum”) per le nomine dei componenti della Corte Costituzionale e del Csm, le forze politiche parlamentari devono riuscire a concludere degli accordi, cosa spesso non facile. Così, il 12 settembre scorso, il Parlamento in seduta comune non è riuscito ad eleggere - per la nona volta consecutiva - i due giudici della Corte Costituzionale.
I candidati più papabili, Luciano Violante (Pd) ed Antonio Catricalà (Fi)– i quali pare potessero contare su un accordo blindato fra Partito Democratico e Forza Italia – non hanno, infatti, raggiunto il quorum richiesto (per la terza volta).
Nel frattempo Catricalà, a seguito dell’ultima infruttuosa votazione, ha ritirato la propria candidatura a giudice della Consulta, nella speranza che il Parlamento «superi l’impasse». Il passo indietro di Catricalà potrebbe ora aprire la strada all’elezione di Donato Bruno, azzurro di lungo corso, sostenuto da una parte dei parlamentari di Forza Italia. Il candidato ufficiale del Pd rimane, invece, Luciano Violante, nonostante da più parti si avanzi la candidatura alternativa di Augusto Barbera.
Sul fronte Csm, al termine della sesta votazione di venerdì scorso, sono solo tre i candidati che hanno superato il quorum. Si tratta di Antonio Leone (Ncd), Giovanni Legnini e Giuseppe Fanfani (entrambi Pd).
Per gli altri 5 membri, invece, tutto è ancora in alto mare e ciò, soprattutto, dato che l'accordo sul Csm sembra indissolubilmente legato a quello sulla Consulta. Questi i nomi dei non eletti all’ultimo scrutinio: Teresa Bene (Pd), Elisabetta Casellati e Luigi Vitali (FI), Renato Balduzzi (Sc), Nicola Colaianni (M5S), Alessio Zaccaria (M5S). Nessuno di loro ha, infatti, “sfondato” il quorum dei 3/5 dei votanti.
Dunque, tutto rimandato alle prossime votazioni. Non ci resta che aspettare. Intanto, cerchiamo di capire cosa fanno e da chi sono composte esattamente la Corte Costituzionale e il Consiglio superiore della magistratura. E anche perché è così complicato scegliere chi ne farà parte.
Cosa fanno la Consulta e il Csm. La Corte Costituzionale – in gergo anche “la Consulta”, dal nome del palazzo romano in cui ha sede – è l’organo custode della Carta fondamentale della nostra Repubblica. La sua principale funzione, infatti, è quella di verificare la compatibilità delle leggi (e degli atti aventi forza di legge: decreti legge e decreti legislativi) con la Costituzione e, in caso di incompatibilità, di dichiararne l’illegittimità costituzionale.
Il Csm, invece, è il vertice organizzativo della magistratura, competente a tutelare l’autonomia e l’indipendenza dell’ordine giudiziario nei confronti degli altri poteri. È, pertanto, un organo di “autogoverno” le cui principali funzioni riguardano l’assunzione dei magistrati, l’assegnazione degli stessi ad un incarico, la loro promozione o il loro trasferimento e la nomina dei giudici della Cassazione e di quelli onorari.
I componenti della Consulta e del Csm. La Corte Costituzionale è composta da quindici giudici. Di questi, un terzo (cioè cinque giudici) è nominato dal Presidente della Repubblica, un terzo dai giudici delle Supreme Magistrature (Corte di Cassazione, Consiglio di Stato e Corte dei Conti) e un terzo dal Parlamento. Quest’ultimo vota in seduta comune (cioè con le due Camere riunite) e a scrutinio segreto. I giudici di nomina parlamentare, per essere eletti, devono ottenere la maggioranza dei due terzi dell’assemblea nei primi tre scrutini e dei tre quinti dal quarto scrutinio in poi.
I componenti della Consulta vengono scelti fra i magistrati, i professori universitari ordinari di materie giuridiche e gli avvocati con almeno vent’anni di esercizio professionale. Il mandato dura nove anni e non c’è possibilità di rielezione o proroga.
Se un giudice cessa il mandato anticipatamente, per morte, dimissioni o decadenza (quest’ultima può essere disposta solo dalla Corte Costituzionale per gravissime mancanze), viene sostituito ad opera dello stesso organo che aveva designato il suo predecessore. Nel tempo, ovviamente, le date delle nomine dei singoli giudici si sono sfasate e, pertanto, il mutamento della composizione della Corte è sempre parziale o graduale.
Il Consiglio superiore della magistratura, invece, è composto da tre membri di diritto (il Presidente della Repubblica – che lo presiede – il Primo Presidente e il Procuratore della Corte di Cassazione) e da ventiquattro membri elettivi. Di questi, due terzi (cioè 16 membri) vengono eletti da tutti i magistrati ordinari fra gli appartenenti alle varie categorie della magistratura (i “membri togati”). I restanti 8 membri, invece, sono eletti dal Parlamento in seduta comune con la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea nelle prime due votazioni e la maggioranza dei tre quinti dei votanti dalla terza votazione in poi. I componenti di nomina parlamentare sono scelti fra i professori universitari ordinari di materie giuridiche e gli avvocati con almeno quindici anni di professione (i “membri non togati”). La durata in carica dei membri elettivi del Consiglio è di quattro anni e gli stessi non sono immediatamente rieleggibili.
Un delicato equilibrio. Il sistema di nomina dei membri della Corte Costituzionale e del Csm è, dunque, frutto di un delicato equilibrio fra diverse esigenze. Da un lato, infatti, si vuole assicurare che i componenti dei due organi siano il più possibile imparziali ed indipendenti e che abbiano il necessario livello di competenza tecnica, dall’altro vi è la necessità che in tali organi ci sia un collegamento anche con le diverse culture e sensibilità presenti nelle istituzioni politiche. Da qui la scelta di far eleggere parte dei membri della Consulta e del Csm dal Parlamento.