Arte nelle valli

Pennellate di marmo, dalla Svizzera a Gazzaniga gli intarsi dei Manni

Pennellate di marmo, dalla Svizzera a Gazzaniga gli intarsi dei Manni
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Le chiese della Bergamasca conservano tesori artistici di altissimo pregio, frutto del felice incontro fra fede, devozione, arte e competenze artigianali di inarrivabile maestria. Ne sono un esempio, fra i tanti, le opere lignee nate nelle celeberrime botteghe come quelle dei Caniana o dei Fantoni. Nomi certamente noti anche ai non addetti ai lavori: se qualcuno non ne avesse memoria può facilmente rimediare con una visita alle Sacrestie della Basilica di San Martino ad Alzano Lombardo, oppure alla monumentale Basilica di Santa Maria Assunta a Gandino, scrigni fra i più apprezzati di tale maestria.

 

Casa Corna a Gazzaniga

 

I Manni, dinastia di intarsiatori. Un’arte meno celebrata anche nel ristretto mondo di esperti e studiosi è quella invece degli intarsiatori del marmo, che in terra Bergamasca, precisamente a Gazzaniga, ebbero nei Manni una dinastia di grandissimo rilievo. Accadde, nei primi decenni del Seicento, ciò che per certi versi avvenne nel secolo successivo per l’arte organaria, quando i capiscuola Bossi e Serassi arrivarono a Bergamo dalla provincia di Como. I Manni arrivarono invece dalla Svizzera, quando in Valle Seriana giunse (stando ad un contratto firmato a Gandino nel 1638) «Gio Andrea Manni fu Pietro de Ruf della valle di Lugano, taglia pietra». Gio Andrea Manni era nato a Rovio (Ruf in dialetto), nel Mendrisiotto, non lontano da Arzo sede di cave di marmo. Uno che se ne intendeva e che probabilmente segnalò al figlio Bartolomeo la disponibilità di marmi presente in particolare ad Orezzo di Gazzaniga, dove veniva cavato «un prezioso e rarissimo marmo di un nero intenso non venato». Bartolomeo Manni si stabilì giovanissimo a Gazzaniga, in via Sotto Strada 61 (attuale via Manzoni), dopo aver sposato all’età di vent’anni la giovane Angela Corna.

In casa Corna, Bartolomeo Manni organizzò una bottega di marmoraro intarsiatore sfruttando, anche le pietre delle cave di Nembro, Cene, Gandino, Ardesio e Gavarno. Il marmo nero di prestava, oltre che per le parti monumentali degli altari, quale sfondo di contrastanti e fantasiose creazioni d’intarsio con marmi policromi provenienti non solo dal territorio bergamasco, ma da celebrate cave italiane. I figli di Bartolomeo (Andrea, Pietro Giacomo, Carlo Antonio e Gian Giacomo) lasciarono in molte chiese della nostra terra dei veri e propri capolavori.

 

Altare Suffragio a Gandino, Manni

 

Il libro del Centro Studi. Ora a raccontare gli intarsiatori Manni è arrivato un volume, edito dal Centro Studi Valle Imagna. L’opera (ben 262 pagine e 300 immagini) è frutto di un’approfondita indagine (portata avanti per almeno cinque anni) utile a proporre la grande quantità e qualità delle opere scultoree degli artisti ticinesi. Di ciascuno degli undici artisti considerati, legati alla famiglia, sono elencate le opere certe e attribuite con criteri di analisi critica e sulla base di confronti stilistici. Una parte interessante è dedicata a un confronto approfondito tra le due botteghe seriane dei Manni e dei Fantoni. Autori del volume sono Angelo Bertasa, appassionato cultore di storia locale a Gazzaniga, Angelo Ghisetti, referente della commissione cultura del Cai di Gazzaniga, e Lidia Rigon, conservatore della Fondazione Fantoni a Rovetta. Una presentazione del volume è in programma venerdì 1 dicembre alle 20.45 nel Salone Maconi del Centro Pastorale di Gandino. Qui i Manni, come confermano gli studi locali di Mario Carrara, realizzarono l’ancona marmorea all’altare del Rosario in Basilica, ma anche l’altare dell’Addolorata nella chiesa del Suffragio, con il cuore mariano trafitto da spade intarsiato nel paliotto. Capolavori dove, incredibile ma vero, il marmo diventa colore per “pennellate” d’autore.

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