Addio a Besnik, che amava i suoi quattro ragazzi

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Besnik Myftary non c’è più, è morto sabato poco dopo le 6 del mattino travolto da un’auto. Stava andando al lavoro , in sella alla sua bicicletta, da Cologno al Serio a Mornico, in una grande fabbrica di sacchi per la raccolta differenziata esportati in tutta Europa.

Voleva bene al suo lavoro Besnik e aveva stretto legami d’amicizia con i suoi colleghi, sia quelli che agli extracomunitari vogliono “comunque bene” sia gli altri che “quelli che vengono da fuori” all’inizio li guardano un po’ cosi. Lui era arrivato dall’Albania tanti anni fa e raccontava che la sua vita erano i suoi figli e la madre dei suoi figli, e che tutto era per loro:  le ore in fabbrica; l’andare avanti e indietro in bicicletta; il rapporto con i suoi compagni. Tutto per Besnik era da fare bene per proteggere il futuro della sua famiglia. Viveva e pensava che il lavoro in azienda, il sorriso assicurato ai colleghi, la fatica della lunga giornata, fossero per un bene più grande: quello dei suoi quattro figli, che hanno dai quattro agli undici anni. I vicini raccontano che era un padre premuroso, si vedeva che amava i suoi ragazzi, non faceva loro mancare nulla del necessario: una casa, il cibo, la scuola.

Era gentile Besnik, lo era nei modi, ma soprattutto nell’animo. Trattava con riguardo le persone ma anche le cose. E in particolare era affezionato alla sua bicicletta, con la quale da due anni andava a lavorare. All’alba, ogni giorno, da Cologno al Serio a Mornico e alla sera da Mornico a Cologno, sempre su quella bici. Più preziosa dell’auto stessa, che da due anni non voleva più partire e che non si poteva riparare perché i soldi servivano per le necessità più urgenti. Proprio perché teneva tanto ai suoi figli, voleva cosi bene alla sua bicicletta.

Era sabato e sapeva che avrebbe dovuto lavorare tutta la giornata, ma quando è uscito di casa alle 6 del mattino era contento lo stesso. La fatica del sabato era ben ripagata: gli portava qualche soldo in più alla fine del mese. Coi figli avrebbe potuto giocare la sera. Forse anche a questo pensava Besnik l’ultima mattina, quando l’auto dietro di lui si è fatta pericolosamente vicina, mentre stava guardando la campagna nella prima luce del giorno in sella alla sua bicicletta. La campagna gli piaceva. Tutte le sere e le domeniche di questa estate aveva portato i bambini a rotolarsi nell’erba dei campi. Nell’orizzonte di quella campagna, nei nostri paesi, nella sua fabbrica, vedeva e sperava un futuro per loro.

Ora Besnik non c’è più. Ma il suo sguardo buono e riconoscente aveva una forza che permane e che può far ancora sperare sua moglie e i suoi figli. Ma può essere anche un richiamo a tutti noi, che spesso fatichiamo a vedere una prospettiva e a riconoscere il valore delle cose che ci stanno intorno. Forse guardando Besnik la nostra vita potrebbe diventare un po’ più umile e generosa.

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