Ad Alzano Lombardo

Metti un piatto alla Bertonella Il miglior coniglio con la taragna

Metti un piatto alla Bertonella Il miglior coniglio con la taragna
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L’oste si avvicina con passo veloce e deciso al tavolo in fondo alla stanza per prendere la comanda. Attraversa una sala addobbata in modo discutibile, con dei grandi pacchi natalizi in carta rossa lucida che ricordano delle enormi caramelle. Parte dall’ingresso del ristorante, dove si trova l’anticamera con una vetrina che guarda direttamente sulla strada, con qualche decoro natalizio (che in realtà c’è tutto l’anno), passa a fianco a una grande placca di acciaio che contiene chili di funghi porcini congelati, lasciati lì a sgelare davanti alla porta. È impossibile per chiunque non notarli. Passa oltre all’affettatrice vecchia maniera, passa la porta della cucina, l’enorme camino per il fuoco (spento) e raggiunge i due commensali che ha appena fatto sedere e inizia: «La specialità della casa la conoscete?». Rispondono con un mezzo sorriso: «Sì, certo, l’è semper chel!». Fine della conversazione, l’oste va in cucina.

 

 

Questa potrebbe essere una sintesi esaustiva di un posto fuori dai canoni classici dell’accoglienza, che nonostante tutto è sempre pieno. Anche perché si dice che qui il coniglio sia uno dei migliori di sempre. E soprattutto perché, se dovessero chiedermi dove portare qualcuno per provare un’autentica esperienza gastronomica bergamasca, la mia prima risposta sarebbe qui: alla Bertonella di Alzano. Sarà anche perché, nonostante un modo un po’ burbero, al signor Midali finisce che ci si affeziona. E un po’ di fegato ce l’ha: «No, oggi no, e poi mica a tutti piace, a qualcuno parlo di fegato e i ghe resta mal». Vada allora per la specialità della casa, che è sempre quella da 18 anni, da quando cioè Alberto Midali e la moglie hanno aperto questa trattoria in centro al paese. In realtà, anche se 20 anni di attività possono sembrare un tempo considerevole, non sono che una singola voce del curriculum dell’oste che fa questo mestiere da tutta la vita. Da quando cioè, come dice lui, dentro un ristorante c’è nato. A Bracca. E non si pensi che abbia fatto solo coniglio e polenta: ai tempi d’oro, in Città Alta, faceva servire tartufo e caviale, Champagne e Barolo. In un altro tempo. E poi si è messo a fare questa cucina, solo che, a differenza di molti, la fa divinamente.

 

 

Il piatto forte, appunto, più che un piatto in realtà è una sorta di esperienza gastronomica, un piccolo banchettino allestito per il commensale in cui si assaggia di tutto e ne vale la pena. Posto il fatto che arriva in sala tutto ancora in pentola, su un carrello, e viene servito al tavolo davanti agli ospiti (e solo per questo spettacolo vale la pena di ordinarlo), si comincia con una porzione, più che generosa, di polenta taragna. Non polenta con formaggio, polenta taragna filante. A questo si aggiungono i funghi porcini trifolati, un mezzo galletto in padella insaporito con aglio e prezzemolo, il coniglio di Ornella, la moglie del signor Midali, tra i più buoni di sempre, un po’ di brasato e ancora un po’ di polenta, questa volta gialla. Tutto bello e abbondante. Prezzo totale: 16 euro. Ma è così gustoso e godereccio, nella sua semplicità casalinga, che se prima (come il sottoscritto) vi fosse capitato di prendere anche una mezza porzione di casoncelli fatti in casa e qualche fetta di salame nostrano, tanto per gradire, non fareste ugualmente fatica a fare la scarpetta nel piatto. «Per il vino?» C’è una bottiglia di pinot nero. Il signor Midali la porta e la apre. È una bottiglia nuova, non ha il tappo in sughero ma una capsula di vetro. La estrae e la mostra: «Questa non può sapere di tappo, eh». Sembra che lo dica per mostrare quella chiusura ancora inusuale per una bottiglia, ma non si può escludere che sia una strategia per anticipare qualsiasi timore di rimostranza sulla qualità del vino. Più unico che raro, se non ci siete mai stati, andateci.

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