Un successo internazionale da Parigi a Rio de Janeiro, in finale al premio Ubu 2017. La vita ferma, l’ultimo lavoro di Lucia Calamaro, ripercorre due ossessioni della scrittrice e regista romana: la presenza continua dei morti vicino ai vivi, dentro i vivi, in uno spazio che si dilata nel tempo (invaso dai ricordi continuamente minacciati dall’oblio) e il ritorno della madre, del rimosso, della vita, dell’origine, del magico. Un diluvio di parole caratteristiche dei lavori della Calamaro, di caratteri incontinenti dal punto di vista emotivo, rapidi a scivolare nel pathos perché guardano la vita come strazio delle assenze.
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Primo appuntamento della stagione. Lo spettacolo apre giovedì 11 gennaio al Teatro Sociale la rassegna di Altri Percorsi: è il primo di sette titoli che affrontano tematiche diverse attraverso altrettanti modi di intendere un teatro di ricerca impegnato a riflettere l’espressività contemporanea in molte delle sue sfaccettature. La vita ferma: sguardi sul dolore del ricordo punta al cuore degli spettatori. Il pubblico viene guidato tra i pensieri dei tre personaggi in scena – madre, padre e figlia – e i loro dolori. Un viaggio attraverso le fitte maglie di una quotidianità confidenziale fatta di emozioni e dettagli, chiusi nelle scatole di un trasloco, per un dramma di pensiero sulla perdita e la separazione. Tre atti densi di pathos prodotti da Sardegna Teatro e Teatro Stabile dell’Umbria, in cui a dare voce e corpo ai protagonisti saranno Riccardo Goretti, Alice Redini e Simona Senzacqua: si muoveranno tra gli inserti pittorici di Marina Haas, con costumi e scene curati direttamente dalla drammaturga. Un lessico familiare tutto giocato tra parole e sentimenti che non può lasciare indifferenti. «Lo scorrere del tempo – dice l’autrice – è per me una perdita, di cose, di persone, di ricordi. La vita non cambia, perde, perde dei pezzi. A questo proposito ricordo quello che disse Anassimandro: “il principio degli esseri è l’infinito da dove infatti gli esseri hanno l’origine, lì hanno anche la distruzione secondo necessità, poiché essi pagano l’uno all’altro la pena e l’espiazione dell’ingiustizia secondo l’ordine del tempo».
A seguire… La stagione prosegue con una significativa coproduzione del Teatro Donizetti, Accabadora, tratto dal romanzo omonimo (premio Campiello 2010) di Michela Murgia, adattato per il palcoscenico e l’attrice Monica Piseddu da Carlotta Corradi, con la regia di Veronica Cruciani. Una storia d’amore fra madre e figlia che vedremo al Sociale il 15 e 16 febbraio. La compagnia Anagoor, uno dei più interessanti gruppi di teatro di ricerca affermatisi negli ultimi anni, presenta quindi, il 2 marzo, Rivelazione, dedicato a una delle figure più enigmatiche della storia dell’arte, Giorgione. Con Lireta, 8 e 9 marzo, si affronterà una delle tematiche più attuali: la migrazione. L’attrice Paola Roscioli, maestra di narrazione, racconterà la storia dell’albanese Lireta Katiaj; una storia archetipica che contiene in sé tutte le stigmate del migrare. Drammaturgia e regia di Mario Perrotta.