Un muro di sciarpe da riempire
La richiesta di Andrea arriva più o meno verso le 16 di venerdì pomeriggio: «Fabio, c’è da fare anche una bella apertura per lunedì: ci pensi tu?». Di solito il primo pezzo della settimana è una bella fotografia a tinte nerazzurre, ma quando la Dea non gioca diventa tutto più complicato. Verso sera, dopo un fine settimana in famiglia, ecco che lo spunto giusto che arriva dall’amico Valo, un ragazzo della Nord che non perde occasione per dimostrare quanto sia atalantino. Sotto ad una bella fotografia casalinga (quella che vedete in apertura di articolo), questo ragazzo scrive: «La parete dei desideri che si avverano è completa... In attesa che nuovi sogni diventino realtà da vivere». In un attimo, la mente è tornata alla cavalcata europea che ci ha accompagnati in questa prima parte di stagione ed è incredibile rendersi conto di come il risultato del campo, nei giovedì di coppa, sia la cosa che conta meno di tutto. Io, noi, voi, tutti insieme vogliamo solo una cosa: esserci.
Europa League: esserci è l’unica cosa che conta. I tifosi atalantini hanno una grande fortuna, per toccare il cielo con un dito non serve andare in campo per vincere ma basta avere sul calendario appuntamenti di mezza settimana in giro per l’Europa. Ripercorrete le sensazioni dell’attesa: la caccia al biglietto, le mappe per arrivare a Lione e poi a Nicosia, e poi ancora a Liverpool prima di Dortmund. Ogni partita è stata uno spettacolo solo e soltanto perché i giocatori in campo hanno potuto ammirare senza alcune pressione la gioia di un popolo in cammino. Fin dal sorteggio di Montecarlo dello scorso agosto, noi di BergamoPost siamo stati testimoni diretti di un fenomeno assolutamente pazzesco: l’emozione dell’attesa e la gioia di esserci ha sempre superato la valutazione dell’avversario, dell’impegno e delle difficoltà che uno dei giovedì di gara avrebbe messo di fronte a Gomez e compagni. Con questo approccio, tutto è più leggero e tremendamente sentito da tifosi di ogni età: su quel muro, il Valo non ha attaccato con delle puntine alcune sciarpe storiche ma ha dipinto una gioia difficilmente raccontabile.
Sempre in trasferta, eppure sempre tra amici. Uno degli aspetti più belli della nostra recente avventura europea è legato al fatto di giocare sempre in trasferta. Le gare in casa giocate a Reggio Emilia hanno dato quel tocco epico in più ad una cavalcata sognata per 26 anni; qualcuno pensava che i chilometri che separano Bergamo dalla città emiliana avrebbero potuto essere un ostacolo, e invece migliaia di innamorati orobici si sono messi in viaggio e hanno portato la propria passione dentro uno stadio che certamente sarà a norma per la Uefa ma che di appassionante e coinvolgente, senza tifosi della Dea, avrebbe avuto davvero poco o nulla. Poi siamo stati a Lione (stadio da urlo in mezzo alla campagna), a Nicosia (la capitale divisa in due, la trasferta più lunga di sempre e la partita giocata in un impianto piccolo ma funzionale), a Liverpool e a Dortmund. La conta effettiva degli atalantini al seguito è impossibile ma una sommaria ricostruzione dice 2.700 in Francia, 900 a Cipro, 3.500 in Inghilterra e 8.000 in Germania: fanno più di 15.000 atalantini che hanno preso aerei, bus e macchine per stare al fianco dei ragazzi di Gasperini. Non per vincere, prima di tutto per esserci e cantare tutto l’amore per la Dea. In mezzo a tanti amici, tutti fratelli nerazzurri.
Dieci partite per tornare a vivere un sogno. Con l’album dei ricordi lì sul comodino pronto da sfogliare ogni volta che vorremo, adesso ogni tifoso dell’Atalanta deve fare quello che può per spingere, sostenere, aiutare, tifare e chi più ne ha più ne metta, i giocatori e il mister. Non contano gli avversari, non servono tabelle e nemmeno è logico ragionare sui punti: in questo momento, l’unica cosa importante è quello che saprà fare la Dea sul rettangolo verde. Le motivazioni di un gruppo che ormai è consapevole di aver dietro un popolo intero pronto a seguire la squadra ovunque sono totali; adesso che la Sampdoria è stata agganciata tutto pare in discesa ma non è ancora finita. Nelle ultime dieci partite ci saranno momenti di esaltazione e magari qualche passaggio vuoto, più complicato, ma siamo sicuri che la speranza del Valo di riempire ancora di più quella parete è la stessa di migliaia di appassionati che con la squadra in Europa si sentono i più forti del mondo. E se andasse male? Solo chi non è atalantino può farsi una domanda del genere, perché non capisce quanto sia importante la strada percorsa invece della meta raggiunta. Con una semifinale di Coppa Italia e i sedicesimi di Europa League, tutto quello che arriva dal campionato sarà preso con grandi applausi. Che sia Europa oppure no. Gente che ha applaudito retrocessioni cocenti, scoppole bibliche e delusioni incredibili, non ha paura di un risultato negativo. Prima giochiamocela, poi chissà.