Montanari, un direttore d'orchestra decisamente rock and roll
Gli abiti da concerto? Scomodi per fare musica bene e in libertà. Così Stefano Montanari, direttore d’orchestra, 49 anni, ravennate di nascita ma bergamasco di adozione (abita a Nembro), spiega il suo look, decisamente fuori dalle regole. In realtà la prima a prendersi la libertà era stata sua moglie, Stefania Trovesi, figlia del celebre jazzista Gianluigi. In occasione della prima delle Nozze di Figaro al Donizetti si era presentata al suo posto indossando un paio di pantaloni aderenti in ecopelle nera. Da allora in casa è stato il via libera alla rivoluzione del look per questa coppia geniale ed estroversa. Anche Montanari quando sale sul palco non disdegna stivaletti e magliette, che vanno ad aggiungersi ad anelli e orecchini.
Montanari oggi è una star e sa che il look oltre a farlo essere più libero ha anche un’altra funzione importante, perché la musica classica ha grande bisogno di un nuovo pubblico, e un nuovo modo di presentarsi può funzionare da fattore attrattivo. Lui del resto ne sa qualcosa: alla musica ci è arrivato costretto dal papà operaio che ha imposto a lui e alle sue sorelle lo studio del pianoforte. «Avevo sei anni e mezzo», ha raccontato di recente. «Per studiare pianoforte ho pianto per tre anni. Poi è scoppiato l’amore». Chiese in regalo una tromba a un suo zio che gliela doveva portare da Praga. Ma venne rubata in aeroporto. Così quello zio la sostituì con un violino. Uno scambio che ha segnato il destino di Montanari, che tra le altre cose insegna violino barocco alla scuola Claudio Abbado di Milano.
Anche l’incontro con il suocero Gianluigi Trovesi è stato un passaggio importante. Un incontro avvenuto ovviamente per tramite della figlia del jazzista Stefania, che Montanari aveva conosciuto nel 1994 in Spagna e con cui si era fidanzato. Insieme hanno realizzato un progetto musicale con strumenti antichi, che è confluito in un cd. La collaborazione con lui è stata un’apertura verso un mondo che non conosceva e che ha contaminato in modo molto positivo il suo modo di concepirsi come musicista. «Con lui ho capito quanto il circuito jazz sia, rispetto al classico, un sistema diverso di suoni e di persone. I jazzisti conoscono molto più degli interpreti, generalmente molto chiusi», spiega.
Montanari è estroverso anche quando giù dal palco. Appena può gira in sella alla sua Guzzi Griso («Una leggenda», la definisce). Altro suo segno distintivo sono gli anelli. «Mi piacciono, sono belli e non danno nessun fastidio a suonare», ha raccontato. «Mi sento nudo se non li ho addosso. Comunque sono molto fiero di essere soprannominato il signore degli anelli». Quando dirige ne tiene solo sulla mano destra, ma ben cinque. Ci sono anche controindicazioni: una volta, per un gesto più deciso del consueto, uno gli è volato via dal dito è ha sfondato una viola... Meglio comunque prendersi questi rischi che restare ingessati dentro convenzioni che alla fine lasciano sempre più indifferente e lontano il pubblico. «D’istinto capisco che c’è un pubblico crescente cui le convenzioni sociali, spaziali e d’ascolto cominciano ad andare un po’ strette».