Festa dell'annunciazione

Quel fiat che ha cambiato la storia

Quel fiat che ha cambiato la storia
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In copertina, Annunciazione, Beato Angelico, 1437-46.

 

Da quel giorno è scattato il conto alla rovescia più epocale della storia, sono iniziati gli ultimi nove mesi dell’era antica. Dopo di che si sarebbe ricominciato a misurare il tempo da zero. Uno pensa che un evento di tale portata sia accaduto in qualche luogo nevralgico del mondo, invece accadde in un oscuro villaggio della Galilea. Probabilmente poco più di un aggregato di case e di stalle, tipo le nostre malghe di montagne. Insomma periferia della periferia.

Il racconto di Luca. Chi racconta l’accaduto è l’evangelista Luca, che sappiamo essere il più intimo di Maria, tra tutti i seguaci di Gesù. Tradizione vuole che le avesse fatto anche un ritratto. Fatto sta che fu lui a raccogliere il racconto di quel fatto che non ebbe altri testimone se non la stessa ragazzina Maria e l’angelo Gabriele piombato in casa sua. Anche Matteo, altro evangelista, ne riferisce, ma il suo racconto è dalla parte di Giuseppe, il promesso sposo di Maria, che si trovò coinvolto in quella misteriosissima dinamica e che venne anche lui visitato in sogno da un angelo molto tranquillizzante.

 

Annunciazione, Orazio Gentileschi, 1623

 

La festa dell'Annunciazione. In genere la festa dell’Annunciazione cade esattamente nove mesi prima del Natale, cioè il 25 marzo. Ma quest’anno la Pasqua alta ha fatto lo scherzo di far coincidere quella data con la domenica delle Palme. Così l’Annunciazione è stata delocalizzata ad oggi, lunedì 9 aprile. La dinamica del fatto accaduto quel giorno in un’ora che Luca non precisa è stata genialmente sintetizzata da uno delle grandi intelligenze della storia, quella di Agostino di Ippona, che in una delle sue prediche, in modo conciso disse: «L’angelo annunzia, la Vergine ascolta, crede e concepisce». E poi: «Gesù è creduto e concepito mediante la fede. Prima si verifica la venuta della fede nel cuore della Vergine, e in seguito viene la fecondità nel seno della Madre».

La grandezza di un sì senza condizioni. Tutto chiaro, tanto incredibile quanto anche semplice. Eppure quegli istanti non furono esattamente come bere un bicchiere d’acqua. Furono istanti anche attraversati da una tensione drammatica. A Nazareth, dove sul luogo dell’accaduto è stata costruita oggi una basilica, si conserva ancora una colonna. È la colonna a cui, secondo la tradizione, Maria si sarebbe attaccata per non cadere dall’emozione e anche dallo spavento dopo aver ascoltato l’annuncio dell’Angelo.

 

Annunciazione, Henry Ossawa Tanner, 1898

 

Come notò don Luigi Giussani, un sacerdote che aveva sempre fatto dell’Annunciazione il cuore della propria predicazione, «si trattava, per Maria, di decidere del suo futuro, della sua vita concreta, di ciò che doveva fare e di come dovesse divenire madre. Il Signore le chiedeva il suo tempo, le sue giornate: apparteneva a Dio nella modalità fisica del suo tempo». Non poca cosa, dunque. Ma serve rendersi conto di questo per capire che rispondere fiat, cioè “accada”, non era affatto automatico. Tanto più che quella di Maria è un’adesione senza condizioni né richiesta di ulteriori spiegazioni. «La semplicità di Maria è la sua grandezza», disse infatti Giussani.

Nell'arte. Quel momento non visto da nessuno è diventato uno dei grandi motivi dell’arte. Tutti i più grandi artisti lo hanno reimmaginato e dipinto, cosicché noi tutti lo abbiamo negli occhi, quasi fosse stato un evento tra i più mediatici della storia (per stare a Bergamo pensate al Lotto di Ponteranica o al commovente Ceresa del Santuario di Sombreno). Strano paradosso, che può essere spiegato solo in un modo: ci deve essere stato qualcosa di vero...

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