I motivi della scelta

Gori ha deciso: sarà ancora sindaco (ha salutato davvero la Regione)

Gori ha deciso: sarà ancora sindaco (ha salutato davvero la Regione)
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Alla fine non ha atteso i novanta giorni previsti dalla legge, come aveva annunciato di voler fare. Giorgio Gori, infatti, dopo la riunione del gruppo consiliare del Pd tenutasi a margine del secondo Consiglio regionale sotto la Giunta Fontana (andata in scena martedì 10 aprile), ha reso nota la decisione di lasciare il suo posto a Palazzo Lombardia per continuare a ricoprire la carica di sindaco a Bergamo. «Scelgo di stare dove credo di essere più utile», ha detto il sindaco attraverso un comunicato stampa. «Ho assunto un impegno con i cittadini di Bergamo, che sento di dover onorare. Diverso sarebbe stato se fossi stato eletto alla Presidenza della Regione, ove avrei potuto concretamente agire anche nell’interesse dei miei concittadini. Sono un uomo di gestione e ritengo che ci siano persone migliori di me per l’importante lavoro dell’opposizione; scelgo dunque di continuare ad operare per la mia città - continua Gori -. Ho voluto comunque entrare in Consiglio regionale, fino a pronunciare stamane il discorso di replica a quello del presidente Fontana per rispetto nei confronti del milione e seicentomila elettori che mi hanno votato, a nome dei quali ho preso la parola. Ora posso tornare a Bergamo a tempo pieno. Auguro buon lavoro ai gruppi del Partito Democratico e della Lista Gori, a cui non mancherò di offrire il mio supporto e con i quali, da sindaco, sono certo di poter concretamente collaborare. E ringrazio tutti coloro che hanno partecipato, con impegno e con passione, alla mia avventura elettorale lombarda. È stata una straordinaria esperienza umana e politica, che rifarei senza esitazione e che sono certo darà frutti positivi in futuro». Una scelta necessaria, quella di Gori, visto che la carica di consigliere regionale e quella di primo cittadino sono incompatibili.

 

 

Il perché della scelta. La sensazione che la scelta fosse vicina c'era. In particolare per il modo in cui il centrosinistra lombardo ha "accolto" a Milano Gori. Parlare di una certa freddezza è eufemistico. Il sindaco bergamasco, infatti, avrebbe voluto vestire i panni del leader, ruolo che effettivamente avrebbe potuto ricoprire essendo stato il candidato alla guida della Regione del centrosinistra. La pesante sconfitta alle urne, però, unita anche alla debacle alle politiche del Pd nazionale, ha indebolito la sua figura. Tanto che i nomi da lui proposti per alcuni incarichi importanti su scala lombarda (Jacopo Scandella come capogruppo in Consiglio regionale del Pd e Pietro Bussolati come nuova segretario regionale del partito) sono stati seccamente respinti dal resto dei dem, in particolare da Alessandro Alfieri, neo parlamentare ma ancora segretario lombardo del Pd in carica. Un atteggiamento di chiusura che ha scoraggiato Gori e che lo avrebbe dunque convinto a restare a Palazzo Frizzoni almeno fino alla scadenza del suo mandato, ovvero giugno 2019.

 

[I posti di Pizzul, Gori e Scandella nell'aula del Consiglio]

 

La seduta del Consiglio regionale. Nella seduta del Consiglio regionale del 10 aprile, intanto, Attilio Fontana ha presentato la nuova Giunta e il programma di governo. In prima fila, proprio dirimpetto a Fontana, sedeva Giorgio Gori quale rappresentante della coalizione di centrosinistra, affiancato da Fabio Pizzul, nominato capogruppo del Pd, e Jacopo Scandella, unico dem bergamasco eletto in Consiglio. Gori è arrivato in aula alle 10.12, praticamente insieme all'altro bergamasco Niccolò Carretta, anche lui tesserato Pd ma eletto in Lista Gori. Dopo un paio di saluti e strette di mano, il sindaco s'è accomodato al suo posto e ha subito messo la testa sul discorso che di lì a poco avrebbe tenuto. Il Pd, infatti, ha deciso di destinare tutti i minuti a lui concessi dal regolamento del Consiglio (in ogni seduta, ogni gruppo consiliare ha un determinato numero di minuti per gli interventi, parametrato sul numero di consiglieri eletti) a Gori. Prima, però, c'è stato il lungo e corposo discorso di Fontana, che ha letto diciannove pagine di intervento (non senza qualche inciampo) nel quale ha di fatto tracciato le linee guida della sua Amministrazione e ha presentato tutti i nuovi assessori, tra cui le bergamasche Claudia Terzi (che passa dall'Ambiente a Infrastrutture e Trasporti) e Lara Magoni (al Turismo).

 

 

Il discorso in aula di Gori. Finito l'intervento del governatore, è stato Gori a prendere la parola. Un discorso perfettamente in linea con quanto il sindaco ha sempre affermato in queste settimane post voto e ricco di critiche al programma (definito più volte lacunoso e poco incisivo) di governo del centrodestra. Gori si è poi concentrato su quelli che, a suo parere, sono i diversi problemi della Lombardia su cui la nuova Giunta dovrà intervenire: la povertà, la disoccupazione giovanile, il tasso di scolarizzazione, gli scarsi investimenti nella ricerca, la fuga dei cervelli all'estero, la questione dei trasporti (Trenord in primis), il tema degli alloggi popolari, il problema delle liste d'attesa e il tema della legalità nella sanità («È di stamattina la notizia dell’arresto di un dirigente sanitario e di tre primari degli ospedali Galeazzi e Pini, accusati di essersi accordati con ditte fornitrici di protesi ortopediche in cambio di tangenti» ha dichiarato Gori, per poi aggiungere che «se i fatti fossero confermati, sarebbe un pessimo segnale, signor Presidente, un allarmante inizio di legislatura»). Il sindaco di Bergamo è tornato anche sul referendum per l'autonomia del 22 ottobre scorso, definendolo ancora una volta «inutile e costoso», augurandosi che la nuova Giunta operi con coscienza sul tema e apprezzando comunque «che sia stata definita una specifica delega assessorile sull'argomento e sin d’ora anticipiamo la piena collaborazione del centrosinistra per sostenere il percorso che ci attende».

 

 

«Resto a Bergamo». Con quali prospettive? Un discorso da leader, insomma. Sebbene Gori (e anche gli altri presenti in aula, si suppone) fosse pienamente a conoscenza del fatto che, in realtà, lui non è il leader di questo centrosinistra lombardo. Nelle sue parole, però, non si rintracciava ancora alcun richiamo alla scelta che ha poi reso nota poche ore dopo. Se non, forse, in un passaggio finale dell'intervento: «Ci sta a cuore il futuro della Lombardia, ci stanno a cuore i suoi cittadini. Per loro desideriamo uno sviluppo sostenibile fondato sull’innovazione e sulla conoscenza, una crescita che produca buona occupazione, un forte raccordo con l’Europa, la ricucitura delle molte fratture, delle molte disuguaglianze che minano la coesione della società lombarda e che alimentano sentimenti di incertezza nel cuore di tanti nostri concittadini. Questa è la visione con cui ci siamo candidati. La coalizione di centrosinistra che ho avuto l’onore di guidare non rinuncerà a promuoverla in quest’aula, con forza e con tenacia, anche dai banchi dell’opposizione». Quel «ho avuto l'onore», al passato, è stato forse l'unico indizio lasciato da Gori nel discorso in Consiglio. Un indizio rivelatosi poi prova quando, nel pomeriggio, il sindaco ha reso nota la decisione di voler restare a Bergamo e di rinunciare, dunque, al ruolo in Regione. A questo punto si aprono le porte a un nuovo quesito: Gori sarà il candidato sindaco del centrosinistra anche alle elezioni per Palazzo Frizzoni dell'anno prossimo? Per avere una risposta, però, servirà ancora del tempo.

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