Il lavoro duro e bello di quelli che fanno il check-up agli aerei
Avere tra le mani componenti di un aeroplano, operare per la sicurezza di chi vola, gestire delicate operazioni di manutenzione sui “giganti dell’aria”. Non è un mestiere semplice quello del meccanico qualificato che, in una sola notte, ispeziona da cima a fondo un Airbus e lo rimette in pista per il giorno successivo.
È quanto avviene nell’hangar gestito da Seas a Orio al Serio, la società specializzata nella manutenzione di velivoli che detiene l’esclusiva per la flotta Ryanair sul territorio italiano. Tremila metri quadrati di struttura in grado di accogliere interamente un aereo di linea, sul quale lavora dal tramonto all’alba una squadra di dodici tecnici. Sono sedici gli aeromobili della compagnia irlandese basati allo scalo bergamasco e ogni sera, a turno, imboccano la pista ovest diretti all’enorme officina di Seas: «Ryanair ha triplicato lo scorso anno l’attività manutentiva che viene realizzata a Orio al Serio e oggi vi transita il 33 per cento dei voli del network – spiega Alessandro Cianciaruso, amministratore delegato di Seas –. Nei prossimi due anni è previsto un ulteriore incremento di duecento aerei in transito».
Una notte nell’hangar. Dall’ispezione di routine, con l’accurata revisione di tutti gli elementi meccanici ed elettronici dei diversi comparti dell’aereo, agli interventi di emergenza per ripristinare componenti che hanno subito danni: nella lunga notte dell’hangar “baia” di Orio al Serio, specialisti e ingegneri lavorano a ritmo serrato. «Ogni tecnico esperto ha un ruolo – spiega Bartolomeo Arrabito, il nuovo Maintenance Manager di Seas –. L’aereo viene suddiviso in sezioni: cabina, carrelli, ali, motori, e tutti devono saper intervenire sulle diverse parti perché devono essere in grado di sostituirsi. È la nostra politica: se in un turno ti sei occupato dei test in cabina, in quello successivo controlli gli impianti elettrici o la lubrificazione dei carrelli e via dicendo». Per una macchina complessa, dunque, ci vuole un perfetto gioco di squadra.
A capitanarla c’è Bartolomeo Arrabito, catanese di 35 anni; lavora in Seas dal 2013, prima come supervisore del nucleo tecnico della base di Bergamo e oggi come coordinatore dell’attività di manutenzione dei quindici aeroporti italiani nei quali opera la società. «La giornata non finisce mai – racconta con il sorriso –, sono il punto riferimento dei tecnici 24 ore su 24, sia per programmare le attività nei diversi hangar che prevedono la manutenzione ordinaria e preventiva, sia per i lavori last minute per la risoluzione dei problemi. Se un aereo arriva la sera con un difetto che richiede un’indagine approfondita per la ricerca dell’avaria o la sostituzione di un pezzo, è necessario rivedere l’intero schema d’intervento. Nel caso in cui il velivolo non risponda a tutti i test di sicurezza, non viene rilasciato per la partenza». Sicurezza prima di tutto, quindi: scatta il piano B con un altro aeromobile che subentra in pista oppure viene rischedulato il volo. L’esempio più frequente? L’impatto con un uccello, che può provocare danni anche ingenti alle eliche dei motori.
Si cercano meccanici. In previsione dell’imminente rafforzamento della flotta irlandese, Seas ha aperto al mondo Airbus, annunciando la ricerca di personale di manutenzione certificato per la categoria B1 sugli aeromobili A320. Una novità per la società che conta duecento impiegati in ventiquattro aeroporti sparsi tra Italia, Grecia, Romania, Ungheria, Croazia e Cipro, finora concentrati nelle operazioni sui velivoli B737: «La scelta di costituire un team dedicato agli Airbus 320 nasce dall’esigenza di rispondere a tipologie di assistenza a una classe di aeromobili sempre più impiegati sul territorio sia nazionale che europeo», sottolinea Cianciaruso. I tecnici specializzati, però, non sono facili da trovare: per l’addestramento di un operatore qualificato ci vogliono almeno cinque anni e gli standard da conseguire sono molto rigidi.
Per questo motivo Seas ha introdotto un programma d’inserimento ogni anno di trenta giovani neo diplomati in istituti tecnici denominato “Junior Aircraft Engeneer”: un percorso di due anni di formazione teorica per l’ottenimento della licenza e di pratica sul campo per apprendere le procedure operative. «Chi sceglie di fare questo mestiere deve sapere a priori che lo porterà a viaggiare in tutta Europa, a lavorare su turni che prevedono le notti, spesso con condizione meteo avverse. Ci vuole molta passione e dedizione, cerchiamo persone che vedano nell’aereo non solo un insieme di componenti meccaniche, ma uno strumento eccezionale che mette in connessione popoli e culture», conclude Arrabito.