La Melegatti ha chiuso per sempre
Su Wikipedia sono stati rapidissimi e hanno già messo tutto al passato: «La Melegatti spa è stata un’azienda dolciaria italiana con sede a San Giovanni Lupatoto specializzata nella produzione di pandoro, dolce inventato dal fondatore stesso dell’azienda Domenico Melegatti e brevettato nel 1894». Ieri il tribunale infatti ha dichiarato il fallimento della storica società, a causa di debiti pregressi di circa 50 milioni.
La lunga fine. Fa perciò tristezza andare sul sito Melegatti.it e trovarsi davanti qualcosa che non c’è più ma che continua a ingolosirci se non altro per via virtuale. E quanta amarezza visitare la sezione del sito “Lavora con noi” e scoprire che sono ancora annunciate posizioni aperte: Responsabile delle operazioni di stabilimento o Manutentore elettronico o, soprattutto, Addetto alla cottura di prodotti lievitati al forno. Sembra di essere davanti a una storia che si è chiusa in modo imprevedibile e repentino. Invece la fine di Melegatti è stata lunga e dolorosa, quanto è stata lunga e dolce la sua storia. Al centro del declino una sfida familiare che visto i due rami eredi del grande Domenico (morto nel 1914) contrapporsi nelle strategie industriali. L’errore capitale è stato l’apertura di un nuovo impianto industriale a San Martino di Buon Albergo per diversificare i prodotti e venire incontro a una delle criticità del business dell’azienda: la stagionalità del Pandoro. Investimento troppo oneroso, fatto in un momento di concorrenza agguerrita proprio sul prodotto pivot.
Un'azienda simbolo. La Melegatti era un’azienda che tutti amavano, e non solo per le dolcezze che produceva. Era un’azienda simbolo di una città e di un territorio, tanto che davanti all’avanzare della crisi erano partite anche campagne social per sostenere l’acquisto dei suoi prodotti. «La Melegatti siamo noi» era il titolo del manifesto che i dipendenti hanno voluto pubblicare comperando una pagina del quotidiano di Verona, L’Arena. «Noi rappresentiamo la parte onesta, credibile e seria; noi siamo coloro che fino ad oggi con dignità, sacrificio e senso del dovere – aggiungono – hanno mantenuto in vita l’anima dell’azienda, il suo lievito madre e allo stesso modo stiamo tenendo in vita la speranza». Difendevano l’ipotesi di un salvataggio guidato dal fondo americano D.E Shaw. Ma al tribunale quella proposta non è bastata per bloccare il fallimento.
01/07/2005 sei morto la prima volta, 29/05/2018 sei morto un’altra volta, con la differenza papà che, mentre nella prima...
Pubblicato da Silvia Ronca su martedì 29 maggio 2018
Errori e veleni. Il declino è iniziato nel 2005. Fino a quell'anno il timone dell'azienda è stato in mano a Salvatore Ronca. Pilota di auto da corsa, imprenditore vero capace di stemperare le tensioni tra le due famiglie che si dividono la proprietà, i Ronca e i Turco. Alla sua morte l’azienda è passato nelle mani di Emanuela Perazzoli, avvocato senza esperienza imprenditoriale, che non si è resa conto di quanto fosse decisivo diversificare e che inizia una contrapposizione con l’altro ramo della famiglia. Agli errori di strategia si sono così aggiunti i veleni familiari. Alla fine, ieri, Silvia Ronca, sulla sua pagina Facebook ha lasciato questo post, rivolto alla memoria del padre: «Sei morto un’altra volta, con la differenza papà che, mentre nella prima piangeva solo la tua famiglia, quella VERA che ti amava, perché contro la malattia non ci si può che arrendere, nella seconda piange una città intera con famiglie distrutte e amareggiate e questo perché non hanno combattuto contro una malattia ma contro persone indegne, assetate di soldi e di potere, che sputano sui sentimenti della gente». Pandoro addio.