Salesi, il professore più amato
Non vederlo più attraversare i corridoi della facoltà di Ingegneria con le sue improbabili camicie, con il suo trolley pieno di libri e materiali, non assistere più ai suoi “spettacolini”, come chiamava lui le sue seguitissime dimostrazioni di Fisica, non leggere più, fuori dal suo ufficio, i post-it che lasciava: «Sto per arrivare alle 11.43», «Non ci sono per nessuno». Che poi non era vero, perché il professor Giovanni Salesi, c’era sempre per tutti, anche di notte. È capitato che stesse al telefono da mezzanotte alle 5 del mattino con un ragazzo che si doveva laureare e che aveva dei dubbi sulla sua tesi.
Il professor Salesi, docente di Fisica Generale all’ateneo di Dalmine, domenica scorsa è morto, ha avuto un malore al volante e si è schiantato contro un guard rail in valle Brembana. Aveva 58 anni. Uno shock per i suoi ragazzi, per i colleghi, per il personale dell’università. Chiedendo di lui agli studenti impegnati nella sessione estiva degli esami, ognuno ha un aneddoto da raccontare. «Era semplicemente un genio, una mente eccelsa – dice Amira Redwan, una delle sue studentesse più affezionate –. Non si limitava alla Fisica, amava la matematica, l’algebra, l’arte, la musica, la letteratura, componeva poesie, brani musicali che ci faceva ascoltare in aula, dipingeva quadri suggestivi. Cercava la perfezione in tutto ciò che faceva». Con il professor Salesi si poteva parlare di tutto, «anche di questioni personali – continua Amira, costretta a fare una pausa per la commozione, dato che le parole le si strozzano in gola –. Diversi studenti decisi ad abbandonare gli studi si sono ricreduti dopo aver parlato insieme a lui».
Perché lui ci teneva davvero ai suoi ragazzi, a trasmettere loro l’amore per la conoscenza, per lo studio. Aveva creato numerosi gruppi, tra cui quello di “studio guidato”, dove insegnava proprio come studiare. Dava delle schede analitiche che aiutavano lo studente ad affrontare l’argomento, che lo indirizzavano su quali fossero le cose importanti da capire e, solo dopo, da memorizzare. Giovanni Salesi, a chi decideva di seguirlo, faceva firmare un contratto che prevedeva l’impegno a rispettare delle tabelle di studio, che avrebbero portato il firmatario alla laurea nei tempi che si era prefissato. Ogni settimana i ragazzi riempivano il loro planning con le ore di studio, quelle dedicate al tempo libero, allo sport, al lavoro e alle altre attività e gliela inviavano via mail per l’approvazione. Lui rispondeva sempre, a tutti. Se andava bene dava l’ok, altrimenti suggeriva di studiare meno una certa materia, di concentrarsi maggiormente su un’altra, di dedicare più ore o meno ore alle esercitazioni. Non era facile stargli dietro, ma il successo con il suo metodo era assicurato. «La prima volta che l’ho...»