Residenza socio sanitaria

Don Palla, un esempio da imitare Paradiso sensoriale per l'Alzheimer

Don Palla, un esempio da imitare Paradiso sensoriale per l'Alzheimer
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Per ammirarlo bisogna salire oltre la Goggia, in Alta Valle Brembana, sfidando magari qualche coda congenita, ma ne vale la pena: dalla fine di giugno è aperto a Piazza Brembana il nuovo Giardino Sensoriale della Fondazione don Stefano Palla onlus.

Si tratta di una nuova realizzazione destinata a fare scuola fra gli interventi legati ai malati di Alzheimer, che ha il pregio di unire aspetti strutturali e terapeutici a valori senza tempo e senza prezzo come l’umanità e la solidarietà della gente di montagna. I Gogis (coloro che vivono a monte della cruna dell’ago che fra Lenna e Camerata segna il confine fra Alta e Bassa Valle) mostrano da decenni un amore folle per il Don Palla, residenza socio sanitaria cresciuta a partire dagli Anni Ottanta a seguito del lascito testamentario del sacerdote nato a Moio de’ Calvi, che fu parroco ad Averara sino al 1970, anno della sua morte.

Giardino Sensoriale (2)
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Giardino Sensoriale (4)
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Giardino Sensoriale (6)
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Giardino Sensoriale (7)
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Il testamento. «Nel nome del Signore, io sottoscritto Don Stefano Palla – si leggeva nel testo autografo scritto nel 1967 – nomino erede dei beni di mia proprietà il Patronato San Vincenzo di Bergamo. Detta proprietà dovrà servire come base per far sorgere un’opera benefica a favore della popolazione dell’Alta Val Brembana e possibilmente nel realizzare una casa di riposo. Qualora si rendesse opportuno: il Patronato San Vincenzo s’impegnerà per costituire un ente autonomo al quale devolverà le suddette proprietà. Nel consiglio di questo futuro ente faranno parte l’Arciprete di San Martino e i Vicari Foranei di Santa Brigida e di Branzi. Il passaggio e il godimento di detta proprietà passeranno al Patronato San Vincenzo alla mia morte».

A dare forma e senso a quella volontà tanto chiara furono i sacerdoti dell’Alta Valle Brembana, che coinvolsero nell’impresa colui che in definitiva è ancora oggi l’innamorato principe del Don Palla: il commendator Piero Busi, vero e proprio monumento vivente della politica vallare, per decenni sindaco di Valtorta, presidente di USL e Comunità Montana, tanto per citare alcune cariche. Nel 1983, con il concorso di idee che assegnò il progetto strutturale all’architetto Cesare Rota Nodari, cominciò una gara di solidarietà che oggi ancora continua: allora per raccogliere i (tanti) fondi necessari alla costruzione, oggi per garantire ai nonni servizi di assoluta avanguardia ai piedi dei monti che ispirano loro aria di casa.

 

 

Una struttura in crescita… e una nuova idea. Il lascito di don Stefano Palla consentì di acquistare un grande terreno ai piedi del Monte Sole (un nome, un programma), fra Piazza Brembana, Lenna e Valnegra. Qui negli anni l’anima “ideale” del Don Palla, l’architetto Rota Nodari, ha aggiunto tasselli importanti alla struttura centrale, ed è anche in questo caso il protagonista del nuovo Giardino Sensoriale.

«Ogni volta che facevo un giro nel reparto Alzheimer – racconta Piero Busi – sentivo una fitta al cuore. Gli ospiti erano, sì, assistiti con la dovuta attenzione; erano, sì, vezzeggiati e coccolati, però erano costretti a vivere in uno spazio protetto dove i loro movimenti, per motivi legati alla loro e all’altrui sicurezza, erano molto circoscritti. Avevo la sensazione che fossero prigionieri. Mi sono detto mille volte "Li debbo liberare!". Allora, stimolato anche da incontri avuti con medici ed esperti, mi è venuta l’idea di creare uno spazio aperto in cui gli ospiti malati di Alzheimer potessero muoversi con maggiore libertà».

Ecco allora il cuore gettato oltre l’ostacolo, il nuovo progetto di Cesare Rota Nodari, il coinvolgimento di tutti i sindaci dell’Alta Valle e di quello di Camerata Cornello, della Comunità Montana e del Consorzio BIM. Oltre 500.000 euro reperiti e spesi (bene) nel giro di quattro anni, per dire ai nonni: «Noi ci siamo, con voi e per voi».

 

 

Il giardino. «Ammalarsi di Alzheimer – spiega il dottor Walter Vanini, responsabile sanitario della Fondazione – vuol dire perdere progressivamente le proprie capacità cognitive, sensoriali e funzionali: memoria, percezione, linguaggio, intelligenza, pensiero, deambulazione. Significa, cioè, perdere irrimediabilmente la possibilità di comunicare e di badare a se stessi. Ora la malattia appare ancora incurabile; esistono solo farmaci che sembrano rallentarne il decorso. È ormai universalmente riconosciuto che la qualità funzionale ed estetica degli spazi in cui vivono i malati dementi può assumere un valore terapeutico. In questa prospettiva, il Giardino sensoriale, progettato e modellato sulle esigenze dei malati, ha un ruolo di fondamentale rilievo.

Nonostante le gravi disabilità che progressivamente colpiscono il malato, le capacità di provare emozioni positive, di avere piacevoli sensazioni tramite la stimolazione dei sensi in un ambiente tranquillo e rassicurante, rimangono ancora vive anche negli stadi più avanzati della malattia e contribuiscono a migliorare la qualità di vita. Tramite quest’approccio ambientale è possibile rallentare il declino delle capacità funzionali, stimolare la memoria remota relativa alle attività occupazionali precedenti (coltivare l’orto, accudire i fiori o gli animali ecc.), creando dei punti di riferimento interiori in persone in cui il senso del tempo e della realtà sono irrimediabilmente persi».

 

 

La festa inaugurale. In occasione della festa inaugurale, presente di fatto l’intera Alta Valle, sono arrivati i complimenti delle autorità, la cittadinanza onoraria e le chiavi di Piazza Brembana per l’infaticabile Piero Busi («Uno che la struttura la vive, insieme agli ospiti», ha detto il direttore ATS Mara Azzi), gli auguri e la benedizione del Vescovo Francesco Beschi che ha ricordato come la parola “Paradiso” che tutti utilizziamo derivi dal termine persiano che indica il “Giardino”. Qui, fra le mura del Don Palla che trasudano solidarietà e affetto grazie a personale e volontari che uniscono forze e competenze, la traduzione è semplice, addirittura ovvia. E fa tanto bene al cuore, non solo ai nonni.

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