Mangiare frutta e pomodori fa bene al cuore e alla prostata
Promossa ‘a pummarola ‘ncoppa e con essa anche pomodori in insalata e in succo. Insomma poco conta la forma, la cottura, il sapore alle papille gustative, perché i pregi di questo ortaggio vanno ben oltre: sarebbero infatti benefici soprattutto per la salute maschile, riducendo il rischio di tumore della prostata fino al 18 percento. C’è però un ma, perché a quando pare, la loro efficacia sarebbe vincolata dalla quantità consumata: soglia ‘terapeutica’ minima di 10 porzioni settimanali.
Almeno secondo quanto attesta un recente studio inglese condotto dalle Università di Bristol, Cambridge ed Oxford, pubblicato sulla rivista internazionale Cancer Epidemiology, Biomarkers and Prevention, che ha coinvolto e analizzato le abitudini alimentari e lo stile di vita di circa 20mila partecipanti di età compresa fra i 50 e i 69 anni, a cui era stato diagnosticato un tumore della postata, confrontato con quelli di più di 12 mila uomini di pari età ma sani. Lo studio, oltre a illustrare i vantaggi dell’ortaggio rosso, ha stilato anche un ‘indice dietetico’ secondo cui fra gli alimenti pro-prostata ci sarebbero quelli ricchi selenio, calcio e licopene. Quest’ultimo, contenuto in abbondanza nei pomodori, per le sue proprietà antiossidanti – unito anche agli altri composti - svolgerebbe una azione protettiva contro il tumore prostatico.
È ancora presto per cantare definitiva vittoria, ma i primi confortanti risultati ‘dietetici’ pongono le premesse per un test di più ampio spettro che dovrà confermare gli esiti salutistici del pomodoro. La sfida dei ricercatori guarda lontano e punta a definire anche combinazioni alimentari ad hoc per un miglior controllo del tumore prostatico, in costante crescita nei Paesi occidentali. Le ultime stime secondo i dati AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) attestano in Italia, solo nel 2012, 36.300 nuovi casi annui, collocando il tumore della prostata al primo posto con una percentuale del 20 percento sulla totalità dei tumori maschili.
E se è una dieta che si rispetti, che apre con un piatto di pasta (a questo punto al pomodoro) e chiude con della frutta, ecco che i vantaggi potrebbero essere estesi anche al cuore. Uno studio condotto dall'Università di Oxford, presentato al congresso della Società Europea di Cardiologia da poco conclusosi a Barcellona, dimostrerebbe le potenzialità, questa volta dei pomi d’oro (mele) e di altra frutta, di ridurre il rischio cardiovascolare fino al 40 percento. I risultati della ricerca sembrerebbero attendibili, stante il numero di soggetti esaminati - quasi mezzo milione di cinesi – e il periodo di monitoraggio protrattosi per sette anni. Di questa vasta popolazione il 18 percento aveva abitudini vegetariane e consumava quotidianamente in media circa 150 grammi di frutta contro poco più del 6,3 percento che non includeva mai alcun tipo di frutta nella propria dieta. Risultato? «È stato possibile osservare – concludono i ricercatori - che nel gruppo dei mangiatori di frutta il rischio di malattie cardiovascolari era ridotto del 15 percento per infarto, del 25 percento per ictus ischemico e del 40 percento per quello emorragico, con incrementi ancora maggiori in proporzione all’aumento del suo consumo, rispetto a quanto accadeva in chi non mangiava questo alimento o lo faceva ma in quantitativi molto inferiori». Non solo, nel gruppo ‘vegetale’ era migliore anche il rischio complessivo di morte: abbassato del 32 percento rispetto ai non mangiatori di frutta.