Settant'anni di Michael Douglas Tra genio e sregolatezza
Dici Michael Douglas e pensi al leggendario affarista Gordon Gekko di Wall Street, o al ruvido detective Curran di Basic Instinct, o ancora al marito omicida di Delitto perfetto. Forse e solo marginalmente viene in mente che è il figlio del grande Kirk Douglas. La grande scommessa (vinta) della vita di Michael è stata proprio questa: cimentarsi anch’egli nel mondo del cinema senza essere risucchiato e obnubilato dall’ingombrante ombra paterna. E oggi, nel giorno del compimento dei suoi 70 anni, può senz’altro guardarsi alle spalle e vedere una carriera meravigliosa, adornata da due premi Oscar e dalla soddisfazione di non passare alla storia solo come “il figlio di Kirk Douglas”.
Un esordio dietro le quinte. Del resto, sia per parte paterna che materna, Michael era un predestinato della recitazione; ma almeno per i primi anni, è stato un destino a cui ha cercato di sottrarsi in ogni modo: il college, la comune di Santa Barbara, le velleità da hippy. Poi comincia a fare qualche piccola parte, roba da nulla, quasi per diletto o per tedio; ma il successo che lo coglie con il telefilm Le strade di San Francisco non gli permette più di nascondersi: è il momento di mettersi seriamente in gioco nella professione da sempre rifiutata ma che, in fondo, ha costantemente esercitato su di lui un enorme fascino. Michael lo farà, ma gradualmente: sullo schermo che conta, infatti, decide di approdarci dalle retrovie, in veste di produttore del film Qualcuno volò sul nido del cuculo, interpretato magistralmente da Jack Nicholson. Un approccio silenzioso quindi, quasi anonimo, per tastare il terreno, come a dire: stiamo a vedere se davvero questa può essere la mia strada. L’esito è senza paragoni: il film ottiene cinque premi Oscar, fra i quali uno proprio a lui.
L’indimenticabile Gordon Gekko e quel che ne seguì. Il passo successivo è il palcoscenico vero e proprio, con il film All’inseguimento della pietra verde, che riscuote un buon successo e un botteghino soddisfacente; Douglas è pronto al grande salto di qualità, che puntualmente arriva con Wall Street e il conseguente Oscar come miglior attore. È il culmine della carriera di qualsiasi attore, dopo il quale non è per nulla facile mantenersi all’apice. Ma Michael riesce nel compito più arduo: si reinventa, cambia, si veste da agente duro e arrabbiato per divenire subito dopo un uomo qualunque preso da un ordinario giorno di follia, e senza batter ciglio eccolo essere un tenero e innamorato Presidente degli Stati Uniti o tramare il cruento omicidio perfetto della moglie.
La malattia e la rinascita. Con decisamente maggior realismo, l’abbiamo visto dal sarcastico salotto di David Letterman annunciare al mondo di avere un cancro alla gola. Affrontata e curata la malattia, Douglas ricomincia subito a lavorare, perché quel lavoro che tanti anni prima vedeva come una chimera e una scomoda evenienza, ora è la sua vita, qualcosa di cui non può più fare a meno. Oggi, 25 settembre 2014, sono 70 anni di successi, di innumerevoli premi, di film che rimarranno scolpiti nella memoria del cinema; sono 70 anni da Michael Douglas, e non da “figlio di Kirk”. Hai vinto la tua scommessa, Michael.