Immigrati, la sfida di Bergamo al modello Riace (e a Salvini)
Foto di Mario Rota
«Noi siamo - gli allievi - del primo corso - dell’Accademia - per l’integrazione - Grazie Bergamo!». Lo gridano i trentatré giovani che chiedono asilo al nostro Paese e che - intanto - hanno ottenuto di far parte di un gruppo particolare. Da un paio di settimane hanno lasciato il centro di accoglienza di via Gleno e si sono trasferiti alla Cascina Battaina di Urgnano, in una palazzina trasformata in campus. Vestono una divisa blu con colletto tricolore e scarpe da ginnastica in tinta: è la divisa dell’Accademia.
Qui non ci sono biciclette e panni stesi ovunque, non c’è caos e non si sente musica etnica uscire dalle finestre. In questo angolo della pianura, sede provvisoria dell’Accademia, è tutto pulito e ordinato. Sembra di essere in un collegio o in un campo di formazione della Protezione civile. L’unica differenza è che gli “allievi” sono quasi tutti di colore, hanno età diverse e provengono da varie nazioni, soprattutto dall’Africa, ma anche dall’India o dal Pakistan. Loro, come quasi tutti i richiedenti asilo, erano stanchi di essere obbligati a non fare nulla. Da mesi e mesi. Erano stufi di perdere tempo in attesa di conoscere dalla commissione territoriale se potranno o meno rimanere in Italia. Così, hanno accettato una strada nuova: la proposta avanzata da Comune di Bergamo, Associazione Diakonia (Caritas diocesana) e cooperativa sociale Ruah. Una strada che non offre loro alcuna garanzia, ma che li tratta – così dicono gli immigrati – da uomini responsabili.
L’Accademia per l’Integrazione si ispira a quelle militari. Gli orari sono ben scanditi e le giornate ricche di iniziative. Una sorpresa per chi conosce il disordine dei centri di accoglienza. Qui ogni immigrato, che si è candidato spontaneamente ed è stato scelto da una commissione, dopo aver sottoscritto un “Patto di integrazione”, accetta le regole stabilite. Vogliono far parte dei nuovi bergamaschi e vogliono dimostrarlo con i fatti. Dopo le prime settimane di “car”, lunedì 15 ottobre alle 14.30 c’è stata la prima uscita pubblica in città. In ventisette, per tre ore, gli allievi dell’Accademia hanno pulito il parco della Malpensata armati di scope, rastrelli e sacchi neri. Alla fine sugli spazi verdi e nei vialetti del parco non c’erano più cartacce né foglie. Un pensionato bergamasco si è avvicinato e ha chiesto loro chi fossero: «Noi siamo - gli allievi - del primo corso - dell’Accademia - eccetera eccetera». L’uomo non deve aver capito granché, ma non ha nascosto il suo compiacimento: «Buon lavoro», ha detto. Nel frattempo, altri sei allievi erano stati assegnati alla zona della stazione, anche loro con ramazze e palette. Tutti contenti di rendersi utili e di non essere considerati un peso, inconfondibili nelle tute arancioni da lavoro con lo stemma...