La posizione di imprenditori e dipendenti

ll Tfr, tutto quello che c'è da sapere

ll Tfr, tutto quello che c'è da sapere
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L’ultima proposta messa in cantiere dal Governo per la legge di stabilità è quella di inserire il Tfr maturando in busta paga a partire dal primo gennaio 2015. Dopo il bonus di 80 euro, dunque, questa è la nuova manovra pensata dal premier Renzi per aumentare il potere di acquisto e rilanciare i consumi in Italia. Mentre politici ed economisti discutono se sia meglio un uovo oggi o una gallina domani noi proviamo a fare chiarezza.

Tfr, che cos’è. Tfr sta per Trattamento di fine rapporto, comunemente definito “liquidazione” o “buonuscita”. Si tratta della somma che spetta a tutti i lavoratori subordinati che abbiano cessato un rapporto di lavoro per una qualunque causa. È disciplinato dall'articolo 2120 del Codice civile e si calcola sommando, per ogni anno, una quota pari alla retribuzione annuale divisa per 13,5. La somma accantonata nel Tfr viene rivalutata sulla base del tasso fisso dell’1,5 percento più una parte variabile legata all’indice ISTAT dei prezzi al consumo. Alla fine del rapporto lavorativo, il Tfr è corrisposto in un’unica soluzione o in due o tre rate, a seconda dell’importo.

Dal gennaio del 2007, i lavoratori dipendenti del settore privato possono scegliere se mantenere il Tfr nella forma attuale (come liquidazione), oppure se versarlo in un fondo pensione. Il Tfr non è previsto, invece, per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa ed in genere per i rapporti di lavoro autonomo.

Quando si può già chiedere un’anticipazione del Tfr. La legge prevede la possibilità di chiedere un’anticipazione fino al 70% del Tfr maturato. La richiesta può essere fatta dopo almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore e per una sola volta nel corso del rapporto di lavoro. La domanda deve essere giustificata da uno dei seguenti motivi: spese sanitarie di carattere straordinario, acquisto della prima casa di abitazione (per il richiedente o per i figli), spese da sostenere durante i congedi per maternità o per formazione.

La proposta del Governo. «Anziché tenere i soldi da parte alla fine del lavoro – ha detto il premier Renzi - te li do tutti i mesi». Questa – in parole povere – la proposta del governo che, tuttavia, è ancora in fase embrionale. Tre sono le opzioni attualmente sul tappeto: destinazione del 50% o del 75% del Tfr maturando nello stipendio, lasciando l’altra metà a disposizione delle imprese, oppure dirottamento di tutta la liquidazione maturata sullo stipendio. Esemplificando, se l’anticipo del Tfr fosse del 50%, con uno stipendio annuo di 24.000 euro lordi (circa 1.300 euro mensili) si avrebbero in busta paga circa 70 euro in più al mese.

La misura di anticipo del Tfr potrebbe essere solo temporanea. Secondo l’ipotesi attualmente in studio, infatti, durerebbe da uno fino ad un massimo di tre anni ed inizialmente sarebbe adottata solo per i dipendenti privati. I lavoratori del settore pubblico, infatti, sarebbero esclusi dall’intervento, almeno in prima battuta. L’obiettivo perseguito dal governo è quello di far aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori e rilanciare i consumi. L’anticipo del Tfr potrebbe avere, inoltre, anche un effetto benefico sulle entrate dello Stato, che potrebbe incassare subito le imposte sul Tfr e non, come accade oggi, al momento dell’uscita dal mercato dei lavoratori dipendenti.

Cosa rischiano le piccole e medie imprese. Uno dei nodi da sciogliere è il problema della liquidità delle piccole e medie imprese. L’anticipo può, infatti, rappresentare un problema per le casse delle aziende per le quali il Tfr rappresenta un’importante fonte di finanziamento. Il governo rassicura: «La misura potrà scattare solo a patto che si creino le condizioni per garantire alle imprese di non perdere liquidità». In particolare, il consigliere economico di Palazzo Chigi, Yoram Gutgeld, ha affermato: «Stiamo studiando una convenzione con le banche di apertura credito e valutando la possibilità di dare una garanzia pubblica. Se c’è la possibilità di fare questo, bene, altrimenti non si fa».

Il meccanismo di compensazione per le imprese, dunque, dovrebbe arrivare dalle banche. In particolare, uno degli strumenti indicati dal governo è l’utilizzazione da parte degli istituti di credito delle maxi aste della Banca centrale europea (Bce), tecnicamente chiamate Tltro. «Se questi strumenti spianano la strada alle piccole e medie imprese che hanno bisogno di maggiori crediti per versare il Tfr nella busta paga dei lavoratori, non c’è nulla da obiettare» ha detto Ignazio Visco, governatore di Bankitalia. D’accordo anche il presidente della Bce Mario Draghi che ricorda come le «Tltro sono esattamente pensate per far sì che le banche prendano a prestito dalla Bce».

La questione della tassazione sul Tfr. Resta, inoltre, ancora tutta da chiarire la questione di come dovrebbe essere tassato l’anticipo del Tfr. Ad oggi, infatti, sul Tfr si paga un’aliquota fiscale agevolata, più bassa di quella normale pagata sul reddito (sullo stipendio). I lavoratori potrebbero, dunque, essere fortemente penalizzati dall’anticipo, sul quale rischierebbero di pagare di più. Nel dettaglio: si passerebbe da un’aliquota Irpef calcolata sulla media degli ultimi cinque anni (oggi tra il 23% e il 26%), ad una tassazione ordinaria ad aliquota marginale Irpef, che potrebbe arrivare anche al 43%, nel casi di redditi più elevati.

Opinioni discordanti fra gli imprenditori. In attesa di vedere la proposta definitiva, le opinioni sull’anticipo del Tfr in busta paga sono discordanti. Da un lato, infatti, si registra il malcontento delle piccole e medie imprese. Carlo Sangalli, presidente della Confcommercio ha sottolineato che «drenare liquidità alle imprese significa metterle in ginocchio». Ancora, Giorgio Merletti, presidente di Rete Imprese Italia, ha dichiarato che si tratta di una misura «impensabile». Infatti «per i lavoratori il Tfr è salario differito, per le imprese debito a lunga scadenza. Non si possono chiamare, dunque, le imprese a indebitarsi per sostenere i consumi dei propri dipendenti».

Dall’altro lato arrivano, invece, le prime aperture da parte delle grandi imprese, dalla Fiat, a Telecom, alla Diesel. Capofila l’amministratore delegato della Fiat-Chrysler Sergio Marchionne per il quale «anche se costa alla Fiat, dobbiamo appoggiare il Governo in quello che sta facendo. Basta dire no». Anche per l’amministratore delegato di Telecom Marco Patuano il governo deve andare avanti perché «sarebbe un importante stimolo per i consumi» e non creerebbe problemi alla società perché «l’impatto sui flussi di cassa sarebbe modesto». Sostegno a Renzi anche dal patron di Diesel Renzo Rosso che appoggia la scelta di «restituire il Tfr per metà ai dipendenti», in quanto «farebbe bene all’economia ed alle aziende». Infine, sul versante sindacati, anche il leader della Fiom, Maurizio Landini pensa «che si possa fare», a patto che i lavoratori siano lasciati liberi di scegliere e che non cambi la tassazione.

E i lavoratori? Discordanti sono anche le opinioni in merito al vantaggio che deriverebbe ai lavoratori dall’anticipo del Tfr in busta paga. Ottimista, Renzi afferma che «per uno che guadagna 1300 euro vuol dire un altro centinaio di euro al mese». Meno entusiasta, invece, chi sostiene che la manovra porterebbe solo ad un sollievo momentaneo, contribuendo al rilancio dei consumi ma che, a lungo termine, ridurrebbe lo stesso impatto sui consumi a causa del mancato versamento finale del Tfr. Scrive la Stampa: «Un po’ di denaro disponibile subito fa comodo: ma bisogna avere ben chiaro che quei soldi non ci saranno più al momento del pensionamento. Insomma: non sono soldi in più, sono soldi in anticipo. Finiremmo con lo spendere oggi le ricchezze di cui dovremmo disporre domani: è lo stesso meccanismo del tanto vituperato debito».

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