Yassine corre, e non conosce fatica

All’inizio il papà di Yassine Rachik era spaventato. Said era venuto in Italia per lavorare e per far studiare i suoi bambini, lo sport non c’era mai stato nella sua vita. Era il 1989, Bergamo sembrava il posto perfetto per costruire la sua storia. «Adesso la fabbrica è la sua seconda casa. Ha 53 anni ed è diventato il mio primo tifoso». Yassine lo ha convinto con l’evidenza: arriva sul podio, finisce sui giornali, va in giro per il mondo a prendersi la fama e la gloria.
L’ultimo grande traguardo Rachik, 25 anni, se l’è preso alla Maratona di Londra: nono posto, record personale migliorato e quarta prestazione italiana di sempre su questa distanza. Praticamente la sintesi di una fiaba che però ha ancora molte pagine da scrivere e da raccontarci. «Londra mi ha lasciato un’emozione unica, è un’esperienza che spero di rifare». Sarà che Yassine è venuto su con il senso del sacrificio, della dedizione, della volontà. Arrivò a Calcinate nel 2004 da Ain Sebaa, che sta vicino a Casablanca, ha i viali con le palme e le case hanno i tetti piatti Più tardi Yassine si trasferito a Castelli Calepio, e adesso vive lì. «È un posto tranquillo, piccolo, c’è tanta stima nei miei confronti e la sento». All’inizio non capiva una parola di italiano, «non ricordo se ho imparato prima a capire o a parlare. So solo che un giorno è successo». Per fortuna che lo sport è un linguaggio universale e aggiusta sempre tutto. Era stato Arrigo Fratus a convincere Yassine che la strada giusta per lui era lo sport, era la corsa. «Ai campionati studenteschi mi disse: “Tu non fai atletica? Impossibile”. “Guarda che non faccio niente”, rispondo io. Così ho cominciato. Nove mesi dopo è stato colto da un ictus, anche per me sono stati mesi molto difficili. Mi allenavo lo stesso e studiavo».
La storia di Yassine è finita su tutti i giornali perché è una storia di insistenza. Cominciò a vincere i campionati italiani: nel 2014 ne vinse dieci. Anche gli anni prima la conta degli ori era sempre altissima, quattro o cinque o più, ma la nazionale non poteva convocarlo perché a Yassine mancava la cittadinanza. Allora scrisse una petizione su Change.org, alcuni esponenti politici (come Khalid Chaouki, del Pd) si presero a cuore la sua storia, l’attenzione arrivò fino al Presidente della Repubblica, che alla fine gli ha concesso la cittadinanza. Mattarella quel giorno non c’era, Yassine non lo ha mai incontrato, ma fa lo stesso. Era il 15 giugno 2015. Un mese dopo, a Tallinn, con la maglia azzurra Yassine vince il bronzo nei diecimila agli Europei U23. «Il mio rapporto col Marocco è ottimo, appena posso ci torno, ho la famiglia, gli zii. Ma io mi sento italiano, rappresento il mio Paese e questo per me è molto importante. La mia è una famiglia semplice. Papà è un gran lavoratore e mamma, con quattro figli, ha il suo da fare. Ho tre fratelli, io sono il più grande. Mi seguono, adesso hanno capito tutti che questa è la mia strada».
Cominciò col karate, lo faceva in Marocco. In Italia l’atletica gli sta dando tutto, «è la mia vita». Londra ha dato a Yassine una tacca in più di coraggio, adesso guarda al futuro con ambizioni ancora più grandi. «Posso raggiungere il record italiano e poi l’altro obiettivo grande è Tokyo 2020. Mi preparerò al meglio per i Mondiali di Doha, che sono il primo step verso l’Olimpiade. La maratona è una specialità molto difficile, ci vuole tante testa, molta pazienza. Quando vai in over training e non senti più la voglia di allenarti devi continuare. Io sono uno che si allena sempre forte. La fatica non mi ha mai spaventato. Facevo anche duecento chilometri a settimana». Quella della maratona è per Yassine una dimensione nuova. L’ha scoperta nel 2016. «Facevo pista, mi ero preso una chiodata e lì mi sono detto “basta”. Al mio allenatore invece dico: “Dieci giorni e faccio l’esordio in maratona”. Mi dicevano "sei pazzo, che cosa vuoi fare, hai solo 22 anni". Poi ho fatto la prima a Milano e all’esordio ho fatto un buon tempo». Due anni dopo, a Berlino, con la nazionale maggiore arriva terzo con il tempo di 2h12’09’’. Un fenomeno. Adesso l’orizzonte più lontano è quello dei Giochi. «L’obiettivo è quello, perché l’Olimpiade rappresenta il sogno di tutti noi atleti. Se riesci a fare un risultato lì, tutti gli sforzi vengono ripagati». La tenacia certo non gli manca.