La prima prova

La traccia bellissima di Montanari (avrei voluto rifare la maturità)

La traccia bellissima di Montanari (avrei voluto rifare la maturità)
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Ammetto che per una volta ho provato il rammarico di non essere sui banchi della maturità per poter svolgere una delle tracce proposte. Una traccia bellissima e anche politicamente imprevista, dato che il soggetto in questione è certamente un fiero oppositore della maggioranza di governo. Lui si chiama Tommaso Montanari, è storico dell’arte molto noto per i suoi interventi giornalistici e per le sue presenze televisive sempre dettate da una grande originalità. Un brano tratto da un suo libro è stato proposto agli studenti all’interno delle tracce per stilare un testo argomentativo.

 

 

È un brano bellissimo e pieno di passione in cui Montanari, fiorentino, uomo fieramente di sinistra, spiega perché per la sua vita e la sua storia il rapporto con il passato è qualcosa di prezioso e imprescindibile. E questo è il passaggio che sintetizza come meglio non si potrebbe la sua visione: «Ogni volta che leggo Dante non posso dimenticare di essere stato battezzato nel suo stesso battistero, sette secoli dopo: l’identità dello spazio congiunge e fa dialogare tempi ed esseri umani lontanissimi». Che dire? Montanari è stato certamente fortunato in questo suo inizio vita. Ma forse la nostra più che sfortuna in tanti casi è disattenzione. Perché l’essere nati in questo Paese unico comporta continue e profonde interconnessioni tra le nostre biografie e tutto il ben di dio che ci ha preceduto e che per nostra fortuna continua a circondarci con i suoi infiniti segni. Il patrimonio culturale infatti non è un’idea, non è un tesoro freddo come quelli che si tengono chiusi nei caveau. Il patrimonio culturale è un qualcosa di straordinariamente concreto. Il passato sono i selciati sui quali camminiamo in città gioiello come Bergamo; ma anche in tanti piccoli paesi, di pianura o di montagna. Il passato sono i muri, le chiese in cui entriamo magari più per curiosità che per pregare. Sono i palazzi bellissimi che sfidano il tempo con la loro intelligenza costruttiva. Sono le migliaia di immagini, sono le pietre, belle di natura e ancor più belle per come sono state tante volte lavorate.

 

 

Siamo stati abituati a pensare al passato come ad una bellissima cartolina, o un depliant da agenzia viaggi. Invece riscoprire il patrimonio come qualcosa di profondamente interconnesso con la nostra vita presente è tutta un’altra cosa. Chiedersi a cosa ci lega la strada che percorriamo tutti giorni, o, come Montanari ha scritto, la chiesa in cui siamo stati battezzati, non è folklore; è riappropriarci di qualcosa che ci appartiene. Leggiamo nel brano di Montanari: «In un’epoca come la nostra, divorata dal narcisismo e inchiodata all’orizzonte cortissimo delle breaking news, l’esperienza del passato può essere un antidoto vitale». La parola “esperienza” non è casuale. Perché si tratta di ristabilire un rapporto profondo, di riscoprire le implicazioni che noi abbiamo con ciò che ci ha preceduto, come valore aggiunto irrinunciabile per le nostre vite. Montanari poi aggiunge un valore in più: il passato ci mette in raccordo con chi verrà dopo di noi. Perché anche i figli dei nostri figli, se non sciuperemo tutto, respireranno quella stessa storia. Come leggiamo nella pagina di Montanari, «...immaginare i sentimenti, i pensieri, le speranze dei miei figli, e dei figli dei miei figli i cui passi calpesteranno le stesse pietre, e i cui occhi saranno riempiti dalle stesse forme e agli stessi colori».

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