«Non ne verremo fuori»

La amara lettera di papà Moioli «Qui è tutto uno scaricabarile»

La amara lettera di papà Moioli «Qui è tutto uno scaricabarile»
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Camillo Bertocchi, sindaco di Alzano, ha sollevato il problema delle troppe allerte meteo diramate dalla Protezione civile lombarda, ben 121 in 188 giorni. «Il sistema deve essere ripensato - ha detto Bertocchi -, così sembra uno scaricabarile su noi sindaci». A dare manforte alla tesi del sindaco, è intervenuto Giancarlo Moioli, papà della campionessa Michela, già tecnico della Comunità Montana Valle Seriana.

 

Buongiorno Camillo, ho letto della tua comunicazione sulla valanga di allarmi che sforna l’ufficio di Protezione Civile della Regione Lombardia. Questo assurdo modo di fare (concordo in pieno che sia uno scaricabarile) è iniziato dopo l’alluvione del Tanaro del 5 e 6 novembre 1994. Asti, Alessandria e parecchi paesi furono disastrati e, dopo che furono messi sotto accusa amministratori locali e prefetti, si pensò bene di istituire questo sistema di allarme che, allora via telefax, poteva arrivare, ovviamente, anche in piena notte o nei giorni festivi in cui, figurati, in un Comune magari con uno o due dipendenti, era impossibile trovare in servizio qualcuno.

Di questo assurdo sistema di scaricare le responsabilità sull’ultimo anello della catena, più volte ho fatto presente a tutti i livelli (sono stato dipendente della Comunità Montana per quarant’anni e per quasi tutti responsabile di quella forma di volontariato collaborante che poi è stata definita Protezione Civile). Non ne verremo mai fuori, Camillo: il territorio collinare e montano è sempre più lasciato a se stesso. Ti ho già scritto in passato che basta fare un giro qui sopra casa, nel Luio (Alzano Lombardo e Nembro - questa comunicazione la inoltro in copia a un’associazione del pastoralismo bergamasco che, unica direi, sta cercando di fare qualcosa di serio e concreto sui temi dell’abbandono del territorio e del sostegno alla agricoltura/zootecnia di montagna), da dove ti scrivo ora, per vedere tronchi e ceppaie marcescenti che ostruiscono ogni valletta; più su per la valle, pascoli e prati montani sempre meno falciati e coltivati perché sempre meno persone hanno voglia di “usare l’olio di gomito” (tutte le Alpi e gli Appennini sono così conciati); sempre meno animali inviati sugli alpeggi, tesoro anche di prodotti caseari che ci invidia il mondo. In sostanza, salvo alcune eroiche rare eccezioni, ormai il territorio è lasciato a se stesso, dimenticandoci che, ciò che ci sta sopra la testa, per forza di gravità, prima o poi viene giù, ci viene addosso.

 

[Danni dei cinghiali nei pascoli di montagna]

 

Ti ho fatto più volte presente della devastante presenza di cinghiali, un vero esercito di quadrupedi dissodatori che stanno irrimediabilmente facendo un deserto biologico e di alterazione profonda della stabilità delle pendici, ma dagli uffici pubblici sino ai vertici (Regione, ma anche Provincia), pensatori ed ecologisti metropolitani che non hanno preso in mano mai un falcetto, una zappa, pensano di avere il senno ecologico puro e di conseguenza di legiferare o organizzare l’ecologia da caffè letterario, sostengono la sempre più pressante diffusione di animali che solo quando cominceremo a piangere i morti, forse, ci renderemo conto, dell’errore madornale che stiamo facendo. Sto parlando di orsi e lupi (l’ultima strage di animali poco tempo fa, a Clusone), ma anche di caprioli cervi e ungulati simili, che qui sulle nostre colline (le prime che ci piomberanno addosso) non più controllati, e stazionanti in boschi che sono delle vere e proprie case di riposo, escono sera e notte a devastare le poche coltivazioni che qualche ostinato come il sottoscritto continua a tenere.

Concludo (mi dispiace se annoio ma il problema era, è, e resta l’abbandono del territorio: è inutile curare la piazza centrale del paese se tutto ciò che la circonda fa schifo e rischia, prima o poi, di travolgerla): andate, chi non l’ha ancora fatto, a fare una passeggiata a "quota abeti", e vedete che cosa ha lasciato il primo uragano del Mediterraneo (29 ottobre 2018, il primo di tanti che purtroppo dovremo beccarci). Intere pendici stese a terra, ceppaie ovunque sollevate; sembra di vedere i boschi spianati a zero che ho visto dopo lo spostamento di aria che la caduta del monte Coppetto (agosto 1987), in Valtellina, provocò. Poi assisto sempre all’opera di verbalizzazione dei nostri forestali carabinieri che multano il malcapitato che sta spostando due carriole di terra in vincolo idrogeologico. Mi scuso ancora per il disagio provocato dalla lunga lettura, ma i problemi veri del nostro territorio sono tali.

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