Sergio Lanza, che vuole rendere grande la pallanuoto a Bergamo
Fu la partita di tutti. Quella dei sei, infiniti supplementari, quella della gente che per poco non ruzzolava giù dai divani, dalle sedie, dalle emozioni. Era il ’92, c’era l’Olimpiade a Barcellona, e l’Italia che andava a battere gli spagnoli a casa loro dopo un calvario infinito di bellezza e atrocità sportiva. «Per me quella rimane la gara della vita, me la ricordo come fosse adesso, il mio Settebello rimane sempre quello lì». Sergio Lanza l’enciclopedia della pallanuoto ce l’ha stampata in fronte, è lui l’uomo che ha contribuito a incrementarla a Bergamo, a farla passare da una dimensione ristretta a quella ambiziosa. Allenatore della Bergamo Pallanuoto, Lanza è oggi uno dei massimi esperti del settore sul nostro territorio.
Quella del ’92 fu la partita di tutti, e anche la sua. Ma quella di poche settimane fa, al Mondiale in Corea, un’altra Italia-Spagna, può essere la partita del rilancio. Per la pallanuoto italica e, perché no, anche per quella bergamasca. «È stata una gara emozionante - racconta lui -, io sono saltato sul divano almeno un paio di volte. Questo Settebello non smette mai di stupire per come vince, la qualità che ha dimostrato è stata superiore in tutto. E il più grande è l’allenatore, Sandro Campagna, la sua testa è quella giusta. I talenti riescono a consolidare gesti che non ti aspetti, riuscendo a doppiare una squadra forte come quella spagnola». Le vittorie insegnano sempre e contribuiscono a implementare lo sport, servono a trascinare le persone. C’è anche questo dietro Italia-Spagna 10-5, un oro che scivola nelle pieghe della leggenda e resterà negli occhi delle nuove generazioni. Anche di quelle bergamasche. «Io spero che l’onda lunga ci porti qualche allievo in piscina. Certo, questa volta è arrivata presto, ci sono le vacanze in mezzo, la gente va via, settembre è lontano... Bergamo non è una città di mare, l’interesse per la pallanuoto deve arrivare integro fino a settembre quando ricominciano le attività. Ma si spera che una vittoria mondiale aiuti in questo senso».
Oggi, a 62 anni, qualcuno lo chiama ancora Sergino. Anche se ormai è per tutti “ilLanza”, tutto attaccato. Da ragazzo lo chiamavano “Speedy”, aveva cominciato con il nuoto, poi il fratello lo presero nella squadra di Lodi e alla fine ci andò anche lui. Il suo primo allenatore fu Gabriele Volpi, quello che oggi fa l’imprenditore e in Liguria vince tutto con la Pro Recco. «Gli manca la Champions, ma ce la farà. Nessuno ci crede, ma giuro che è così: il mio primo allenatore è stato lui. E fu sempre lui a darmi quel soprannome, "Speedy". La velocità era la mia arma vincente». Lanza arrivava dal nuoto. Figlio di un dipendente della Dalmine, lui e il fratello frequentavano la piscina. Un giorno il professor Bordoni prese da parte la mamma e le disse: io più di così non posso fare, mandatelo in una società seria. Sergio aveva 11 anni. «La pallanuoto non è solo uno sport, ti insegna la vita, il sacrificio, la fatica. C’è qualcosa di più profondo, che ti aiuta a supportare tutto il resto». Una carriera come giocatore, i giri per l’Italia e l’Europa, poi il passaggio ad allenatore. Rarità, di questi tempi. «La pallanuoto sul territorio non va male, i numeri ci sono e molte cose sono state fatte. Bergamo è una realtà che può fare ancora molto, e deve essere soprattutto la città il motore che trascina tutto. Noi della Bergamo Pallanuoto abbiamo la categoria, e anche gli uomini giusti per farla. L’anno prossimo vorremmo provare a fare un ulteriore salto».
In B, la Bergamo Pallanuoto è la realtà più consolidata sul nostro territorio. Che però ancora paga lo scotto di strutture e spese, ma anche di un rafforzamento e di una sinergia con le zone limitrofe, i Comuni, le altre società. Lanza, tornato la scorsa stagione, servirà anche a questo: a fare da raccordo sul territorio. Dalmine, Osio, Treviglio: ci sono società con i numeri a livello giovanile. Unirsi può servire a contribuire a rendere la pallanuoto bergamasca un polo vincente. «Ci sono molte cose positive - racconta Lanza -, ma è chiaro che ci vuole tempo, ci vogliono i tecnici, ci vuole il supporto delle istituzioni. Stiamo lavorando al massimo per cercare di fare qualcosa di ancora più grande». Anche per questo, per dare un senso forte alla pallanuoto del territorio, Lanza è rientrato dal Giappone dove era stato tre anni contribuendo a far vincere al Bourbon Kashiwasaki il titolo. «Volevo fare esperienza, il primo anno abbiamo vinto subito il titolo. In due mesi e mezzo avevamo ridisegnato l’assetto tattico. Siamo sempre arrivati a podio. In Giappone c’è una piscina in ogni scuola, il nuoto è importante. E questo contribuisce, aiuta anche la pallanuoto. È stata una grande esperienza, e chissà non possa ripetersi».